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La mafia dei colletti bianchi
La “mafia dei colletti bianchi” è la nuova criminalità italiana del ventunesimo secolo

La mafia dei colletti bianchi

di Simone Boscali

Parte prima - Una nuova criminalità

Le parole “Mafia”, “Camorra”, “Sacra Corona Unita”, “'Ndrangheta”, stanno iniziando ad avere una funzione negativa. Certo esse da sempre indicano le più celebri tra le organizzazioni malavitose ufficiali del nostro Paese, per cui dietro i loro nomi non c'è mai stato nulla di bello e buono.

Ma col passare degli anni hanno finito, indipendentemente dalla volontà di chi le utilizza, per assumere una funzione pericolosamente paralizzante per la gente. Infatti quando sentiamo pronunciare la parola “Mafia”, quando sentiamo pronunciare la parola “Camorra”, subito la nostra mente corre alle organizzazioni criminali della Sicilia o della Calabria. Organizzazioni che hanno un certo modus operandi, una certa storia, persino della tradizioni, per quanto spaventose. Intorno ad esse, grazie alla cinematografia, si è creata una vera mitologia. Quando giornali e televisioni ci parlano delle loro ramificazioni nel nord Italia o all'estero continuiamo a percepire questi fenomeni come delle tenui appendici delle organizzazioni principali, quasi delle semplici filiali di una sede centrale che resta comunque attaccata a un certo territorio, a una certa organizzazione, insomma a una certa immagine.

E il problema è proprio questo. L'immagine che abbiamo della malavita organizzata nel nostro Paese è tale che il linguaggio ha paralizzato la nostra possibilità di percepire qualcosa di nuovo che nel frattempo ha messo le radici fuori dai tradizionali seminati. Quando sentiamo parlare di “malavita organizzata” pensiamo alla Mafia, alla Camorra e quando sentiamo parlare di Mafia, di Camorra, nella nostra mente prende subito corpo l'immagine che di quei fenomeni ci siamo costruiti e siamo del tutto incapaci di associare i termini a un nuovo tipo di criminalità.

Una criminalità a sua volta organizzata, che hai i suoi capi cosca e i suoi collaboratori capillarmente diffusi nei settori chiave del territorio in cui opera. Ma a differenza della Mafia dei Provenzano, dei Riina, dei Corleonesi, a differenza della Camorra dei Casalesi, dei Santapaola, questa è una mafia, è una camorra con le iniziali minuscole perché poco ha a che vedere con le illustri controparti del Mezzogiorno. Si tratta di una criminalità di nuovo tipo, più moderna, certo, persino più aggressiva e finanche “raffinata” nei modi e nelle vesti sotto cui si presenta.

E' la nuova criminalità italiana del ventunesimo secolo, la “mafia dei colletti bianchi”.

Per cominciare a capire di cosa stiamo parlando, diciamo che questa nuova forma criminale agisce soprattutto nel nord Italia. In questo senso commette una prima “violazione” di quel linguaggio di cui si parlava all'inizio perché oggi la gente che senta parlare di mafia fatica realmente a pensare a qualcosa di radicato nel Settentrione. Di conseguenza fatica ad afferrare il problema ed a crearsi la coscienza necessaria a risolverlo. A chiarire invece la grave portata di questo fenomeno basterà una cifra: 130 miliardi di € l'anno, ossia il suo volume d'affari secondo il presidente della Commissione Nazionale Antimafia, senatore Giorgio Pisanu.

Abbiamo detto inoltre che questa è una mafia dei colletti bianchi. Si tratta infatti di una malavita che trova i suoi cervelli nella ricca borghesia del nord Italia, una classe imprenditoriale che, nel momento in cui è degenerata verso metodi criminosi, è diventata prenditoriale. Una vera borghesia mafiosa lontana dallo stereotipo del latitante siciliano o campano, braccato per anni dalle forze dell'ordine e ritirato discretamente in tenute fuori mano per sfuggire alla cattura, o da cinematografici padrini al cui passaggio la gente omertosa si leva il cappello fingendo di non sapere chi sia.

Questa mafia prenditoriale è estremamente radicata sul territorio e nella società. Laddove decide di mettere radici non esiste luogo chiave o istituzione che sfugga all'infiltrazione di suoi uomini, siano essi fidati “dirigenti” dell'organizzazione o vili “galoppini”. Questura, Prefettura, Sanità, giornali, televisioni, amministrazioni locali, Tribunali sono il suo naturale terreno di coltura. E' per questo motivo che la mafia dei colletti bianchi raramente ha bisogno di utilizzare sicari ed esecutori di omicidi e pestaggi che per lei costituiscono solo l'ultima risorsa (che pure non disdegna in caso di bisogno). Essa infatti è paradossalmente in grado di contrapporre a chi volesse sfidarla tramite i canali classici della Giustizia e dell'informazione proprio il potere della Legge e della disinformazione piegati alla propria volontà. Direttori di giornali che si voltano dall'altra parte quando ricevono un comunicato; procuratori che hanno sempre altre inchieste da portare avanti rimandando all'infinito le specifiche denunce delle vittime di questa mafia; avvocati di parte civile che nel disinteresse del proprio cliente girano intorno alla questione senza mai affondare il coltello; prefetti e questori sordi; parlamentari eletti sul territorio che incontrano demagogicamente le vittime facendo solenni promesse di aiuto e poi non portano avanti alcuna battaglia politica seria che non vada oltre sterili proclami generici e “mediaticamente” corretti. Tutto questo non avviene per caso, ma è il frutto scientificamente programmato di un'autentica regia. Come dicevamo questa mafia moderna, efficiente e, si badi bene, intelligente, raramente ha bisogno di sporcarsi le mani, di uccidere qualcuno, di piazzare bombe, di mandare loschi individui a fare minacce maldestre. Non le è affatto necessario perché è in grado di plasmare il corso delle cose e la realtà percepita a propria volontà. In questo senso la mafia dei colletti bianchi ha molto in comune con una loggia massonica che conti tra i suoi componenti personaggi importanti di vari settori della società (economia, politica, giornali e tv) capaci di agire in catena gli uni rispetto agli altri e quindi di manipolare l'andare degli eventi.

Se, abbiamo detto, raramente la mafia dei colletti bianchi ricorre al delitto di stampo mafioso classico, grazie al suo controllo tentacolare sul territorio e le istituzioni, essa è nondimeno in grado di far patire alle proprie vittime sofferenze tra le più atroci proprio perché contamina come un cancro tutti quegli organi ai quali la vittima per prima si affida per avere protezione e giustizia. Solo sperimentando questo meccanismo se ne possono intuire il dolore e la rabbia che ne conseguono, ma ciò implica di essere finiti appunto nel mirino di questa borghesia mafiosa. Chi avesse la fortuna di rimanerne illeso dovrà necessariamente fare uno sforzo di comprensione per intuire seppur molto lontanamente la frustrazione che si può provare quando, mentre il martello della malavita preme su di noi e le nostre famiglie, tribunali, giornali e forze dell'ordine cui ci appelliamo si mettono a ricoprire il ruolo dell'incudine complice contro cui essere schiacciati.

Una cosa questa nuova malavita e le mafie classiche del Sud Italia l'hanno però in comune: la capacità di produrre omertà. La mafia dei colletti bianchi è riuscita a creare un circolo in cui, silenziosamente, tutti sanno, tutti conoscono, ma nessuno va oltre il bisbiglio, lo sguardo abbassato, l'allusione. Ufficialmente nulla di male accade nel circuito economico-politico-giudiziario-mediatico in cui essa si inserisce, ma di fatto è possibile scovare, con fatica e discrezione, molte storie di minacce, pressioni, intimidazioni, deviazioni di indagini.

Parte seconda - Una storia di mafia: Angelo Funiciello

Fonte: arcadianet.blogspot.com di Simone Boscali

Inserito da Redazione il 29/11/2010 alle ore 23:48:46 - sez. Attualità - visite: 5491