La “mafia dei colletti bianchi” è la nuova criminalità italiana del ventunesimo secolo
La mafia dei colletti bianchi
Parte prima - Una nuova criminalità
Le parole “Mafia”, “Camorra”, “Sacra Corona Unita”, “'Ndrangheta”, stanno
iniziando ad avere una funzione negativa. Certo esse da sempre indicano le più
celebri tra le organizzazioni malavitose ufficiali del nostro Paese, per cui
dietro i loro nomi non c'è mai stato nulla di bello e buono.
Ma col passare degli anni hanno finito, indipendentemente dalla volontà di chi
le utilizza, per assumere una funzione pericolosamente paralizzante per la
gente. Infatti quando sentiamo pronunciare la parola “Mafia”, quando sentiamo
pronunciare la parola “Camorra”, subito la nostra mente corre alle
organizzazioni criminali della Sicilia o della Calabria. Organizzazioni che
hanno un certo modus operandi, una certa storia, persino della tradizioni, per
quanto spaventose. Intorno ad esse, grazie alla cinematografia, si è creata una
vera mitologia. Quando giornali e televisioni ci parlano delle loro
ramificazioni nel nord Italia o all'estero continuiamo a percepire questi
fenomeni come delle tenui appendici delle organizzazioni principali, quasi delle
semplici filiali di una sede centrale che resta comunque attaccata a un certo
territorio, a una certa organizzazione, insomma a una certa immagine.
E il problema è proprio questo. L'immagine che abbiamo della malavita
organizzata nel nostro Paese è tale che il linguaggio ha paralizzato la nostra
possibilità di percepire qualcosa di nuovo che nel frattempo ha messo le radici
fuori dai tradizionali seminati. Quando sentiamo parlare di “malavita
organizzata” pensiamo alla Mafia, alla Camorra e quando sentiamo parlare di
Mafia, di Camorra, nella nostra mente prende subito corpo l'immagine che di quei
fenomeni ci siamo costruiti e siamo del tutto incapaci di associare i termini a
un nuovo tipo di criminalità.
Una criminalità a sua volta organizzata, che hai i suoi capi cosca e i suoi
collaboratori capillarmente diffusi nei settori chiave del territorio in cui
opera. Ma a differenza della Mafia dei Provenzano, dei Riina, dei Corleonesi, a
differenza della Camorra dei Casalesi, dei Santapaola, questa è una mafia, è una
camorra con le iniziali minuscole perché poco ha a che vedere con le illustri
controparti del Mezzogiorno. Si tratta di una criminalità di nuovo tipo, più
moderna, certo, persino più aggressiva e finanche “raffinata” nei modi e nelle
vesti sotto cui si presenta.
E' la nuova criminalità italiana del ventunesimo secolo, la “mafia dei colletti
bianchi”.
Per cominciare a capire di cosa stiamo parlando, diciamo che questa nuova forma
criminale agisce soprattutto nel nord Italia. In questo senso commette una prima
“violazione” di quel linguaggio di cui si parlava all'inizio perché oggi la
gente che senta parlare di mafia fatica realmente a pensare a qualcosa di
radicato nel Settentrione. Di conseguenza fatica ad afferrare il problema ed a
crearsi la coscienza necessaria a risolverlo. A chiarire invece la grave portata
di questo fenomeno basterà una cifra: 130 miliardi di € l'anno, ossia il suo
volume d'affari secondo il presidente della Commissione Nazionale Antimafia,
senatore Giorgio Pisanu.
Abbiamo detto inoltre che questa è una mafia dei colletti bianchi. Si tratta
infatti di una malavita che trova i suoi cervelli nella ricca borghesia del nord
Italia, una classe imprenditoriale che, nel momento in cui è degenerata verso
metodi criminosi, è diventata prenditoriale. Una vera borghesia mafiosa lontana
dallo stereotipo del latitante siciliano o campano, braccato per anni dalle
forze dell'ordine e ritirato discretamente in tenute fuori mano per sfuggire
alla cattura, o da cinematografici padrini al cui passaggio la gente omertosa si
leva il cappello fingendo di non sapere chi sia.
Questa mafia prenditoriale è estremamente radicata sul territorio e nella
società. Laddove decide di mettere radici non esiste luogo chiave o istituzione
che sfugga all'infiltrazione di suoi uomini, siano essi fidati “dirigenti”
dell'organizzazione o vili “galoppini”. Questura, Prefettura, Sanità, giornali,
televisioni, amministrazioni locali, Tribunali sono il suo naturale terreno di
coltura. E' per questo motivo che la mafia dei colletti bianchi raramente ha
bisogno di utilizzare sicari ed esecutori di omicidi e pestaggi che per lei
costituiscono solo l'ultima risorsa (che pure non disdegna in caso di bisogno).
Essa infatti è paradossalmente in grado di contrapporre a chi volesse sfidarla
tramite i canali classici della Giustizia e dell'informazione proprio il potere
della Legge e della disinformazione piegati alla propria volontà. Direttori di
giornali che si voltano dall'altra parte quando ricevono un comunicato;
procuratori che hanno sempre altre inchieste da portare avanti rimandando
all'infinito le specifiche denunce delle vittime di questa mafia; avvocati di
parte civile che nel disinteresse del proprio cliente girano intorno alla
questione senza mai affondare il coltello; prefetti e questori sordi;
parlamentari eletti sul territorio che incontrano demagogicamente le vittime
facendo solenni promesse di aiuto e poi non portano avanti alcuna battaglia
politica seria che non vada oltre sterili proclami generici e “mediaticamente”
corretti. Tutto questo non avviene per caso, ma è il frutto scientificamente
programmato di un'autentica regia. Come dicevamo questa mafia moderna,
efficiente e, si badi bene, intelligente, raramente ha bisogno di sporcarsi le
mani, di uccidere qualcuno, di piazzare bombe, di mandare loschi individui a
fare minacce maldestre. Non le è affatto necessario perché è in grado di
plasmare il corso delle cose e la realtà percepita a propria volontà. In questo
senso la mafia dei colletti bianchi ha molto in comune con una loggia massonica
che conti tra i suoi componenti personaggi importanti di vari settori della
società (economia, politica, giornali e tv) capaci di agire in catena gli uni
rispetto agli altri e quindi di manipolare l'andare degli eventi.
Se, abbiamo detto, raramente la mafia dei colletti bianchi ricorre al delitto di
stampo mafioso classico, grazie al suo controllo tentacolare sul territorio e le
istituzioni, essa è nondimeno in grado di far patire alle proprie vittime
sofferenze tra le più atroci proprio perché contamina come un cancro tutti
quegli organi ai quali la vittima per prima si affida per avere protezione e
giustizia. Solo sperimentando questo meccanismo se ne possono intuire il dolore
e la rabbia che ne conseguono, ma ciò implica di essere finiti appunto nel
mirino di questa borghesia mafiosa. Chi avesse la fortuna di rimanerne illeso
dovrà necessariamente fare uno sforzo di comprensione per intuire seppur molto
lontanamente la frustrazione che si può provare quando, mentre il martello della
malavita preme su di noi e le nostre famiglie, tribunali, giornali e forze
dell'ordine cui ci appelliamo si mettono a ricoprire il ruolo dell'incudine
complice contro cui essere schiacciati.
Una cosa questa nuova malavita e le mafie classiche del Sud Italia l'hanno però
in comune: la capacità di produrre omertà. La mafia dei colletti bianchi è
riuscita a creare un circolo in cui, silenziosamente, tutti sanno, tutti
conoscono, ma nessuno va oltre il bisbiglio, lo sguardo abbassato, l'allusione.
Ufficialmente nulla di male accade nel circuito
economico-politico-giudiziario-mediatico in cui essa si inserisce, ma di fatto è
possibile scovare, con fatica e discrezione, molte storie di minacce, pressioni,
intimidazioni, deviazioni di indagini.
Parte seconda - Una storia di mafia: Angelo Funiciello
Fonte:
arcadianet.blogspot.com di Simone Boscali