La lotta politica e legale per la difesa
dell’ospedale di Guardiagrele ha superato i confini regionali. I
rappresentanti del gruppo consiliare “Il bene in comune” sono stati
invitati, sabato scorso, ad un incontro pubblico ad Agnone, in provincia
di Isernia, per spiegare come siano riusciti con le armi della legge e
della partecipazione popolare a bloccare il piano operativo regionale.
Grazie al comitato nazionale “Articolo 32” il ricorso vinto al Consiglio
di Stato è stato studiato anche dai comitati che difendono la sanità
pubblica in Calabria e nel Lazio.
Intanto, ieri mattina (Domenica 30 Gennaio) al cinema Garden, dinanzi
ad una vasta platea, i cinque consiglieri comunali hanno illustrato
tutti i dettagli del ricorso accolto dai giudici amministrativi
d’appello il 14 Gennaio. Il senso dell’iniziativa è stato quello di
investire ogni cittadino del ruolo di controllore e custode del
funzionamento dell’ospedale di Guardiagrele in attesa che, il
commissario governativo alla sanità Chiodi e la sua vice Baraldi,
correggano il piano di riordino della sanità pubblica sulla base delle
motivazioni inserite nell’ordinanza redatta dai giudici della Capitale
un paio di settimane fa.
Infatti, i cinque consiglieri di opposizione (Gianna Di Crescenzo, Carla
Altorio, Gianluca Primavera, Angelo Orlando e Simone Dal Pozzo) temono
che la sospensione del programma operativo resti senza alcun effetto: «E’
probabile che sia la Regione sia la Asl di Chieti restino in attesa
della decisione sul merito che dovrà esserci a fine marzo dinanzi ai
giudici del Tar - è stato sottolineato durante l’assemblea - E’
necessario superare questa fase di stallo rivedendo tutte le decisioni
alla luce delle osservazioni precise del Consiglio di Stato».
I consiglieri hanno ribadito che la loro è stata e sarà una battaglia a
difesa di un territorio che conta quarantamila abitanti: «A questo
punto bisognerebbe rispolverare il piano operativo del 2008 che
salvaguardava anche i piccoli ospedali come il Santissima Immacolata
- hanno proposto - puntando su una ridistribuzione più razionale dei
servizi sanitari e del personale che è già stato spostato negli altri
ospedali della zona».
Fonte: "il Messaggero" del 31 Gennaio 2011