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Severino Mingroni ha scritto un libro
A pubblicare il testo in formato pdf è stato il Notiziario Quattordicinale di "Cellule Staminali" di Maria C. Ricci La sua vita si è "fermata" quando una trombosi all’arteria basilare destra, l'ha colpito una Domenica di dieci anni fa, riducendolo a "vivere" imprigionato nel suo stesso corpo. All'inizio della malattia, comunicava con una palpebra, così come faceva il locked-in Jean-Dominique Bauby, che sbattendo le ciglia scrisse anche il suo libro autobiografico "Lo scafandro e la farfalla". Riacquistando un leggero controllo del movimento della testa, quel tanto che basta per "maneggiare" il suo PC, Severino oggi riesce a comunicare con il resto del mondo attraverso le E-mail. Non può parlare, non può mangiare e bere normalmente, ha problemi gravi anche con la vista, ma la sua malattia, non ha compromesso la sua lucidità mentale. Fin troppo lucido e con la sua determinata ed ostinata voglia di lottare per i suoi diritti e per quelli di tutti gli altri come lui, sta dimostrando di vivere i suoi anni infernali con più energia e profondità di qualsiasi altro essere umano normale: «Ho vissuto intensamente in questi 10 anni (nonostante sia un locked-in), mentre la maggioranza degli umani sta semplicemente vegetando, e non se ne accorge». In questa frase è racchiuso tutto il senso del libro, che non si limita ad essere solo un racconto autobiografico, ma vuole essere anche un messaggio, un appello rivolto ad una società ancora troppo estranea ed insensibile di fronte ai gravi problemi che affliggono i "diversamente abili" quotidianamente. Dopo una breve introduzione, il libro inizia subito con la serata del 21 ottobre 1995: "Allora, da poco, il sabato era per me il giorno più bello della settimana: infatti, da gennaio di quell’anno, facevo la settimana lavorativa corta. Cioè, dovevo fare si i turni dal lunedì al venerdì (o mattina o pomeriggio), ma facevo pure due rientri lavorativi di tre ore, quando non ero di turno. Che bello perciò il sabato, in cui non dovevo recarmi più alla Università a fare l’odiato mestiere di bidello! E la mattina dopo era domenica: quindi, potevo riposarmi adeguatamente e riprendermi dai bagordi del sesto giorno. Così, quel 21 ottobre, mi alzai presto e notai con piacere che c’era il sole: meglio, pensai, perché, dopo la doccia e il pranzo a casa, andrò a Pescara, e farò una bella passeggiata in centro; poi, mi vedrò con Carlo, Massimo e Anna (miei colleghi di lavoro), per andare in pizzeria, come avevamo programmato in precedenza. Anna vuole chiudere la serata-nottata in discoteca e a me non piacciono questi posti, perché non mi piace danzare? Poco male: mi siederò in poltrona e li guarderò ballare, facendo da tappezzeria insomma. E feci esattamente tutto ciò, quell’ultimo giorno della mia vita. No, non sarei morto, ma sarebbe stato meglio, perché, tra 24 ore circa, sarebbe iniziata la trombosi alla mia arteria basilare destra. Di conseguenza, feci la mia ultima doccia e il mio ultimo pranzo. Poi, in auto, andai alla volta di Pescara, facendo piano, tanto non avevo fretta. Arrivato in città e parcheggiata la macchina, a piedi, feci la classica passeggiata in centro del sabato pomeriggio: nonostante fosse il 21 ottobre, si stava bene fuori e c’era ancora un bel sole. Girovagando, entrai nella libreria Feltrinelli, curiosando tra gli scaffali; comprai un libro di Mario Vargas Llosa, scrittore a me molto gradito; non ricordo il titolo dell’opera, ma fu l’ultimo mio acquisto e certamente non potrò mai leggerlo in cartaceo ... Continua» ". Nel libro, Severino ricorda questi suoi dieci anni vissuti nella disperazione, aiutato quasi sempre solo dalla propria famiglia. Tuttavia, nel testo non mancano propositi di speranza, quel sogno che accomuna un po' tutti i malati gravi come lui: la guarigione (o anche solo un lieve miglioramento). Severino ha affidato questa sua speranza al progresso ed agli sviluppi della ricerca scientifica, che ultimamente si sta concentrando sulle Cellule Staminali, ma è ancora troppo ostacolata, qui in Italia. |
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