Il piccolo Hugo Cabret vive nascosto
nella stazione di Paris Montparnasse. Rimasto orfano, si
occupa di far funzionare i tanti orologi della stazione
e coltiva il sogno di aggiustare l'uomo meccanico che
conserva nel suo nascondiglio e che rappresenta tutto
ciò che gli è rimasto del padre. Per farlo, sottrae gli
attrezzi di cui ha bisogno dal chiosco del giocattolaio,
un uomo triste e burbero, ma viene colto in flagrante
dal vecchio e derubato del prezioso taccuino di suo
padre con i disegni dell'automa. Riavere quel taccuino è
per Hugo una questione vitale.
Con l'adattamento di "La straordinaria invenzione di
Hugo Cabret", Martin Scorsese si ritrova e si perde allo
stesso tempo, andando alla ricerca del tempo perduto,
lui che il meccanismo del tempo, al cinema, lo ha messo
alla prova più di altri. Tra le centinaia di persone che
affollano il cosmo della stazione ferroviaria, immagini
di una cartolina animata da un illusionista, è difficile
riconoscere di primo acchito il regista, prestato a
stantii siparietti tra ufficiali e fioraie, signore col
cane e pretendenti col giornale, che avremmo visto
meglio in un film di Jeunet. Quello che non è difficile
riconoscere, invece, è il suo amore per la settima arte,
profondo come un abisso. |