|
Mario Silvestri, un eroe dimenticato
di Ezio Pelino Mappa della battaglia di Pizzoferrato Credo che pochi sappiano che fra quel pugno di
eroi caduti nell’inferno della battaglia di Pizzoferrato ci fosse un
giovane di Pacentro. E’ un dovere, quindi, ricordarlo, perché torni
a vivere almeno nella nostra memoria. E’ stato detto, infatti, che
nessuno muore mai del tutto finché c’è qualcuno che lo ricorda. Si
chiamava Mario Silvestri. Aveva poco più di vent’anni, era nato
il 13 agosto 1922. Gli muore la madre quando ha solo cinque anni, mentre
il padre era emigrato in America. Ebbe di che vivere grazie allo zio
materno. Dopo le elementari a Pacentro, studiò a Sulmona, quindi ad
Aquila e a Pescara, dove conseguì il diploma di maestro. Stava tenendo
una supplenza a Pacentro, quando, il 2 febbraio ’43, dovette lasciare
l’insegnamento, chiamato alle armi dal Distretto militare di Sulmona.
Seguì il corso allievi ufficiali ad Ascoli Piceno. Ma prima che questo
terminasse, profilandosi lo sbarco degli Alleati in Sicilia, fu inviato
nel sud, a Grottaglie, con il grado di caporale maggiore. Lì lo colse
l’armistizio. Sbandato come tutti, a piedi e a tappe, prese a risalire
la penisola per tornare a casa. Giunse a Casoli proprio quando -
era il dicembre del ’43 - l’avv. Ettore Troilo stava costituendo,
con la generosa collaborazione del maggiore inglese Lionel Wigram,
il “Corpo dei volontari della Maiella”. Mario Silvestri è vicino
casa, la linea Gustav è ancora in via di costituzione, gli sarebbe
bastato valicare la Maiella per ritrovarsi alla sua Pacentro. Ma, il 9
gennaio di quel gelido terribile inverno del ’44, il caporal maggiore
Silvestri si arruola nel primo nucleo del Corpo dei volontari. Matricola
92. Unico “forestiero” fra quei commilitoni, tutti dei paesi del
versante sud della Maiella. In lui arde il risorgimentale spirito
patriottico, il cui solo richiamo, oggi, nell’odierna Italia del
malaffare, dell’arricchimento personale a danno del bene pubblico,
rischia di suonare retorico. Scrive lo zio materno Pasquale Di Cicco
che il dottor Vittorio Travaglini, aiutante Maggiore del
Corpo, raccontò che Mario “si era presentato in uno stato
irriconoscibile, con la divisa a brandelli, scarpe rotte, viso emaciato
e pallido, febbricitante. Nel vederlo in quello stato gli consigliò di
riposarsi alquanto, di non avere troppa fretta per arruolarsi, di
rimettersi prima in salute, e lo ammonì che si andava incontro alla
morte”. “Lo so - rispose il giovane - sono pronto a
morire; preferisco morire che continuare questa vita di avvilimento e di
abbrutimento”. Dal Diario storico della Brigata Maiella si apprende
che quasi tutti i giorni erano fatti di perlustrazioni, spostamenti,
imboscate, scontri, rappresaglie tedesche. Feroce quella del 22-1- 44 a
S. Agata di Gessopalena, nella quale furono trucidati 41 civili. |
|