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La liberazione di Sulmona
Articolo di Ezio Pelino

La liberazione di Sulmona

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E venne, finalmente, la Liberazione. Il 9 giugno del 1944. Dopo nove mesi di feroce occupazione tedesca, iniziata con la draconiana ordinanza del 14 settembre del’43: coprifuoco, dalle 21 alle 5, divieto, nelle ore diurne e notturne, di circolazione per gli autoveicoli senza speciale autorizzazione del Comando tedesco, divieto di dare ospitalità, anche solo il vitto, ai prigionieri di guerra fuggiaschi, obbligo di consegnare le armi, chiusura permanente delle persiane delle abitazioni. I contravventori saranno fulminati con l’ arresto e punizioni da parte del Comando Militare Germanico. Nove mesi di terrore, di inferno, con arresti e fucilazioni, dai quattro ignari pastori di Roccacasale a Michele Del Greco di Anversa, all’uccisione del Capitano Francesco Santoro, ai devastanti bombardamenti e mitragliamenti aerei Alleati alla stazione ferroviaria e alla Montecatini. La città è alla fame , sovrappopolata dagli sfollati fuggiti o deportati dai paesi degli altopiani lungo la linea del fronte , da Roccaraso, dalla tragica Pietransieri, da Pescocostanzo, Campo di Giove, Pettorano . Tanto che il Comandante del Presidio Germanico, il Capitano Korn, fa affiggere un manifesto, in cui denuncia l’insufficiente approvvigionamento della città, la scarsità di medicinali, il continuo pericolo dei bombardamenti e ordina agli sfollati di presentarsi per essere avviati altrove. Minaccia punizioni e lo sfollamento coatto di tutti i proprietari di case e di alloggi che continueranno ad ospitare gli sfollati. Le minacce tedesche e le notizie terrificanti sono continue. Per il Natale del ’43, un manifesto, a firma del Generale Comandante, ribadisce :”Coloro che verranno trovati a circolare durante le ore del coprifuoco senza essere in possesso di un permesso, verranno trattati come spie e fucilati”.

L’ultimo attacco aereo alleato, a pochi giorni dalla liberazione della città, il 30 maggio ’44, si accanisce sulla popolazione inerme. Una strage feroce, assurda e ancora del tutto inspiegabile. Come si può credere che l’obiettivo fosse Kesserling, al mercatino in piazza Garibaldi? Se fosse così, gli Alleati avrebbero sbagliato non una ma due volte, confondendo Piazza Garibaldi con la piccola piazza XX Settembre e sarebbero, inoltre, arrivati a immaginare che la riunione di guerra del generale Kesserling con tutti i suoi alti ufficiali si sarebbe tenuta all’aperto, in mezzo alla gente. Del tutto assurdo. Se quella fosse stata la soffiata, avrebbero dovuto abbattere gli edifici della piazza e non mitragliare la gente! Eppure c’è chi - cfr. “ La via dell’onore”, pag 392 - senza nessuna pezza di appoggio, se non una imprecisata “testimonianza” , è arrivato a fare persino il nome di colui che avrebbe segnalato la presenza di Kesserling agli Alleati. Sarebbe stato Mario Scocco, persona di valore, al quale l’Amministrazione comunale ha recentemente dedicato una strada, capo della resistenza umanitaria, non di una banda armata, come pure scrive Fabio Maiorano nel suo, peraltro pregiato, Strademecum. Ma la liberazione ha un ultimo costo. La città, una comunità allo stremo, in ginocchio, subisce l’ultimo atto vandalico, l’ultimo sfregio. Si attendono gli Alleati, ma i tedeschi, prima di partire per ricostituire un nuovo fronte di guerra più a nord, la” Linea Gotica”, fanno terra bruciata alle loro spalle. Viene fatto saltare il “Gran ponte d’Italia” della linea ferroviaria per Roma, vengono distrutti i ponti fra Pettorano e Rocca Pia , il ponte sul Sagittario sulla via per Corfinio, la centrale idroelettrica di Anversa. A Sulmona il ponte S. Panfilo e tutti gli altri ponti cosiddetti minori, nonché le linee telegrafiche e telefoniche.

Si affiggono i manifesti di saluto, in inglese, per i liberatori. Ma gli Alleati non compaiono. Arrivano, invece, come scrive un testimone oculare, Ennio Pantaleo, un ragazzo quattordicenne , che sarà poi, uno di loro, “i ragazzi della Brigata Maiella. Uomini in armi completamente diversi da quelli visti fino ad allora. Non indossavano uniformi, ma impugnavano fucili. Erano più simili a briganti che a soldati. Di lì a poco avrei compreso che quei briganti meritavano ben altro appellativo, quello di patrioti. Provai per loro ammirazione e riconoscenza.” Si tratta della pattuglia di punta del IV plotone che, dopo aver valicato il Guado di Coccia , passando per Campo di Giove raggiunge Sulmona per portarsi, quindi, a Popoli e Bussi. Si legge sul Diario storico della Brigata Maiella che “ Le popolazioni fecero dappertutto entusiastica accoglienza ai patrioti”. E si può ben capire. Gli Alleati arriveranno, finalmente, il 14/6/1944. La guerra, da noi, era veramente finita . Era il tempo della ricostruzione. Che sarà miracolosamente veloce, cosa oggi inimmaginabile. Il ponte di S. Panfilo , appena tre anni dopo, nel 1947, come ricorda la pietra squadrata alla testata del ponte, era ricostruito.

Inserito da Redazione il 08/06/2014 alle ore 22:03:17 - sez. Storia - visite: 4117