In località Fontacciaro di Roccascalegna, nel 1956 sei operai persero la vita durante i lavori della costruzione della diga di Casoli e della centrale idroelettrica di Altino.
Roccascalegna ricorda la tragedia di Fontacciaro avvenuta 60 anni fa
di Geremia Mancini (Presidente onorario
“Ambasciatori della fame”)
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Una foto di gruppo scattata pochi giorni della
tragedia
Erano le 12,45 del 12 maggio del 1956, quando
all’interno della galleria in località Fontacciaro di Roccascalegna,
dove si lavorava per la costruzione della Centrale Idroelettrica del Sangro
Aventino (lavori dati in concessione all’ACEA di Roma che venivano eseguiti
dalla ditta “Volpe”) scoppiò l’inferno. Una paurosa esplosione causata da una
fuoruscita di gas provocò il crollo di una galleria. Gli operai si trovavano a
circa metà del secondo braccio quando improvvisamente avvenne la tragedia. Per
la violenza dello scoppio gli operai vennero scagliati contro le pareti mentre
l’abbondante terriccio staccatosi dalla volta li seppellì. Il disastro avvenne
circa un’ora prima dell’inizio dell’ultimo turno. La penultima squadra composta
di sette minatori, stava addentrandosi nella galleria a forma di “T”. Uno solo
dei sette minatori, Lorenzo Fiorillo, si salvò perché, questa fu la sua fortuna,
venne scagliato quasi al punto di biforcazione del tunnel. Il povero Fiorillo,
contuso ed ustionato riuscì comunque a raggiungere l’imbocco della galleria per
lanciare l’allarme e chiedere soccorso. Subito dopo perse i sensi. Il primo ad
intervenire fu l’Ingegnere Borrione che si precipitò, coraggiosamente,
all’interno della galleria seguito, dopo poco, da altri minatori. Ma l’ingegnere
dopo aver raggiunto il primo cadavere svenne per le forti esalazioni di gas
ancora presenti. Fu lanciato l’allarme e arrivarono, da ogni parte, i Vigile del
Fuoco. Uno di loro, Antonio D’Alonzo, rischiò di soffocare. Il recupero delle
salme fu particolare difficile e lungo. Intanto fuori dalla galleria si udivano
le strazianti e disperate grida dei familiari. Alla fine si contarono,
purtroppo, ben sei vittime: Vincenzo Di Giovannangelo (anni 27) di
Roccascalegna; Agostino Cipressi (anni 47) di Manoppello;
Giovanni Mattioli (anni 36) di Ripa Teatina; Emilio Sparvoli
(anni 26) di Pievefavera frazione di Caldarola (MC); Domenico Di
Bartolomeo (anni 47) di Manoppello; Antonio Persoglio
(anni 19) di Roccascalegna.
Il 5 giugno del 1956 l’On. Raffaele Sciorilli Borrelli di
Atessa presentò una circostanziata interrogazione che suonava come un duro
“J'accuse” verso la proprietà e le istituzioni responsabili:
“Il sottoscritto
chiede d’interrogare il ministro del lavoro e della previdenza sociale, per
sapere se non ritenga opportuno predisporre una immediata e severa inchiesta per
accertare le cause e le responsabilità del grave disastro avvenuto in località
Fontacciano, nel comune di Roccascalegna (Chieti), dove hanno trovato la morte,
sotto una galleria, sei operai, mentre un altro è rimasto gravemente ferito e
per assodare, più in particolare, se cono state rispettate tutte le norme a
riguardo, ultima tra esse il decreto del Presidente della Repubblica del 20
marzo 1956, n. 320, recante ( Norme per la prevenzione degli infortuni e
l’igiene del lavoro in sotterraneo ). Per conoscere, altresì, se non si ritenga
necessario per il futuro, allo scopo di evitare il ripetersi di così luttuosi
incidenti, che gli organi governativi e i datori di lavoro tengano maggior conto
dei suggerimenti e delle rivendicazioni degli operai; al riguardo è da ricordare
che erano stati di recente licenziati, per rappresaglia, due membri della
commissione interna del cantiere Fontacciaro che erano stati alla testa di tutti
gli operai scesi in sciopero per 15 giorni, nel febbraio 1956, per reclamare
l’indennità “gas“ che venne negata dalla ditta Volpe, mentre in data 24 aprile
1956 la camera del lavoro di Casoli aveva inviato un esposto alla C.G.I.L. per
denunciare la violazione delle norme intese a tutelare l’integrità fisica, la
vita e la libertà dei lavoratori. L’interrogante chiede, infine, che una
pensione straordinaria sia erogata alla vedova e agli orfani di queste sei
vittime del lavoro, mentre a parecchi giorni dalla esplosione quattro salme
giacciono ancora sotto la tragica finestra 6 , facente parte del complesso dei
lavori per la costruzione della centrale idroelettrica di Sant’Angelo sul
Sangro-Aventino.”
Come sempre, purtroppo, solo dopo pochi giorni sulla
tragedia di Roccascalegna scese la vergognosa “nebbia della dimenticanza”.
Naturalmente nessun colpevole se non, come sempre, la "tragica fatalità". Mentre
si sapeva con certezza che già, più volte, vi erano stati episodi che avrebbero
dovuto e potuto allarmare.Negli anni questa vicenda è stata consegnata al dolore
e al ricordo dei familiari. Il solo comune di Roccascalegna si è fatto,
meritoriamente, carico di onorare quei morti. Occorre, invece, che vicende come
queste entrino di diritto nella memoria condivisa di un Paese.
Tutti i
giornali dell’epoca su pagina nazionale riportarono importanti articoli. Ecco
alcuni titoli: “Corriere della Sera”: “Sei operai uccisi nel chietino da una
violenta esplosione di gas” ; “L’Unità”: “l’impresa per non pagare l’indennità
aveva negato la presenza di gas e licenziato due membri della Commissione
Interna”; “Il Messaggero”: “Tragico infortunio sul lavoro in Abruzzo”; “Il
Tempo”: “Tragica attesa dei familiari delle vittime davanti alla galleria di
Roccascalegna”; “La Stampa”: “Sei minatori morti in una galleria per uno scoppio
improvviso di metano”
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Il Sindaco di Roccascalegna e i parenti
delle vittime della tragedia di Fontacciaro