L'iscrizione è gratuita e viene effettuata nella sede
del convegno. Sarà rilasciato un attestato di partecipazione. Non sono
previsti ecm. Per informazioni è possibile rivolgersi al 347.1415159
oppure scrivere alla la seguente email: arfedele@me.com
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programma
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Per parlare di Cibo occorre che il Cibo sia disponibile,
fatto naturale e scontato per chi vive nella nostra areageopolitica.
Se il cibo manca, e questa è la dura realtà di tanta parte della
popolazione mondiale, l'obiettivo primario diventa quello di
procurarsi il cibo, di mangiare il più spesso possibile, il nostro
dibattito allora diverrebbe surreale ed ipotetico. Procurarsi il
cibo è stata la condizione di base dell'uomo, prima cacciatore, poi
agricoltore, le religioni fanno da cornice a questi bisogni: il
profumo delle libagioni al Dio da onorare, l'arrosto agli umani.
La religione greco-romana, quella delle genti italiche,
non chiede particolari rituali nè stabilisce specifiche proibizioni,
al contrario di altre come l’ebraica, la musulmana ed l’induista;
più sfumata la posizione cristiana che forse sul cibo ha recepito
l'indicazione di Gesù "date a Dio quel che è di Dio, e a Cesare
quel che è di Cesare".
Se le religioni disegnano grandi
insiemi, la cultura del Cibo si frantuma in infinite identità
locali; dopo il latte materno, i sapori e gli odori del Cibo
contribuiscono in modo primario alla nostra identità.
Una
mente in difficoltà ha nel Cibo un’occasione e una risorsa per
gestire ansia, depressione o fobia psicotica del piacere e della
fecondità. Troppo spesso "la pezza è peggiore del buco", e
le malattie della mente, che hanno come sintomo un uso distorto del
Cibo, possono essere mortali come l'anoressia.
Un tempo la carne
era un privilegio dei ricchi, e la gotta, malattia di Lorenzo il
Magnifico, era riservata ai benestanti, adesso le migliorate
condizioni sociali rischiano di generalizzare le patologie
dell'eccesso di alimentazione. Il Cibo da fonte di vita diventa il
“Responsabile” di tanti malanni, in primo luogo dei tumori.
Oscar Wilde d’altro canto spiazza salutisti e benpensanti osservando
che “Ciò che c'è di bello nella vita o è immorale, o è illegale,
o fa ingrassare”, ed evidenzia l’umanissimo conflitto tra
assaporare un piacere immediato seguito da disgrazie future e
accettare oggi una frustrazione che permetterà di mantenere un
godimento nel tempo.
E’ un pendolo antico che oscilla tra il "Carpe
diem" di Orazio (cogli l'occasione del giorno), ed il "Modus
in rebus" sempre del campano Orazio (avere una misura nelle
cose).
Questo convegno non può offrire soluzioni, ma se riuscirà
ad ottenere una crescita di consapevolezza critica non sarà stato un
puro esercizio accademico.