L'esame di Lucio Traborrelli, inizia dalla consultazione
di testimonianze scritte più antiche oggi pervenuteci ."Prendendo
dalla questione aperta tempo fa dal Parco
nazionale della Maiella, - dice lo
studioso di
Guardiagrele - che ha portato a modificare
la propria denominazione adottando la forma "Maiella"
con la "I" rinunciando
alla "J" , ho approfittato per rispolverare
vecchi documenti e
studi, perché forse, un po' di chiarezza in più
non guasta, ferma la libertà per chiunque, di adottare la forma
che preferisce."
«NON E' VERO -
ci spiega Taraborrelli - che la Maiella deriva il nome dalla dea
Maja. Quella della dea Maja e del figlio morente
arrivati in Abruzzo non è una leggenda: è una favoletta iniziata
a circolare alla fine dell'Ottocento a beneficio degli spiriti
romantici. La Maja della mitologia greco/romana era una dea
(immortale), madre di un dio (Hermes/Mercurio), anch’egli
immortale, che avevano altro da fare che venire a morire sui
monti d'Abruzzo. Enrico Abbate, sul
Bollettino n. XXIV del CAI
(1890) fece un breve accenno a tale genesi toponomastica,
dandogli però poco credito. La definitiva affermazione della
pseudo-leggenda è merito di Giovanni Pansa, che la riportò nel
suo ponderoso e celebre studio “Miti, leggende e superstizioni
d’Abruzzo” del 1924. Quello che non tutti sanno è che Pansa, di
solito serio e attento, copiò pari pari, fidandosi, la versione
tanto verbosa quanto falsa, spacciata per leggenda circolante
tra le contadine locali, pubblicata in un libercolo del 1919 (La
Majella e l'Abruzzo Citeriore) del guardiese Giuseppe Iezzi,
sulla cui attendibilità non conviene sprecar tempo»
«NON E' VERO, per lo stesso motivo detto sopra,
- dice ancora Taraborrelli - che la
Maiella deriva il nome dal "majo", il maggiociondolo, una pianta
che vi cresce spontanea e abbondante. Il
toponimo proviene da un passato impenetrabile ed è ingenuo
pensare che possa trarre la sua origine dal nome di una pianta.
La ricerca di un’affinità onomastica che potesse chiarire la
provenienza di un termine altrimenti inspiegabile ha portato a
semplificazioni estreme»
«NON E' VERO che Plinio, nella sua Naturalis Historia,
parla della Maiella chiamandola "Pater Montium". -
afferma con certezza Taraborrelli - Si
tratta di un'altra frottola messa in giro nell'Ottocento e
spacciata per vera senza che nessuno si sia mai preso la briga
di andare a verificare. Nelle opere dello scrittore latino non
vi sono riferimenti alla Maiella. L'espressione "pater
Appenninus" si legge nel XII Libro dell'Eneide di Virgilio (v.
703), mentre "pater montium Apenninus" si legge in una Epistola
di Francesco Petrarca, ma
entrambe sono genericamente riferite alla catena appenninica,
non alla Maiella.»
«NON E’ VERO che Tito Livio parla della Maiella
chiamandola “Nicate” - afferma di nuovo con
certezza lo studioso - Si tratta di un errore del
geografo veneto Domenico Mario Negri, che nella sua opera
“Geographiae Commentariorum Libri XI” del 1557
confonde il
Matese con la Maiella e attribuisce allo storico latino una
affermazione in realtà da lui mai scritta. Tali due ultime
clamorose “sviste” vennero evidenziate da Lorenzo Giustiniani
nel suo “Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli”
già nel 1816 (p. II, t. II), e da altri dopo di lui, ma pare che
nessuno abbia voluto dargli retta.»
«NON E' VERO che il nome originario della montagna fosse
"Majella". - dice
Taraborrelli - Nelle testimonianze scritte più antiche ad
oggi pervenuteci essa è chiamata "Magella". Nel
Cronaca
dell'abbazia di San Clemente a Casauria (Chronicon
Casauriense) è riportato un documento dell'anno 874 in
cui si legge "de
pedemontis Magelle"
(foto 1),
una forma toponomastica che nello stesso Chronicon ricorre altre
tre volte. Nel Cartulario di San Salvatore a residente
Archeoclub di GuardiagreleMaiella, e
precisamente nella cosiddetta "Autobiografia del priore
Giovanni", risalente agli anni 1020/1030, si legge "Magellanum
monasterium"
(foto 2),
e tale formula ("Magellane prior",
"ecclesia domini Salvatoris de Magella", "Magellane
heremi") si ritrova in decine di atti redatti
tra la prima metà dell'XI e la fine del XII secolo. La
forma "Majella", con la -j-, nel Cartulario di San Salvatore,
compare per la prima volta in un documento del 1284; posteriore
è anche "Mayella" scritta con la -y-. E' interessante notare che
in una pergamena del 1141, conservata presso l'Archivio della
Curia di Chieti, il priore Alessandro di San Salvatore scrisse
di suo pugno "heremi magellane" e, per ben due
volte, "Maiella" con la -i-. In una
bolla di papa Onorio III (conservata nell'Archivio
Capitolino di Roma), rilasciata nel 1216 per l'altro
celebre
monastero benedettino della Maiella, San Liberatore, dipendenza
cassinese, si legge "Sancti Liberatoris de Magella"
(foto 3).
Ugualmente, la prima volta in
cui il monastero di Santo Spirito di Maiella, fondato da
Pietro
del Morrone, viene menzionato in un documento ufficiale (1263,
conservato nell'Archivio di Montecassino), vi compare come "Sancti
Spiritus de Magella".»
«"Majella" e "Mayella" -
ci fa noatare
Taraborrelli - altro non sono che l’evoluzione
grafica della forma più antica "Magella", come lo
stesso Lorenzo Giustiniani faceva notare nel
1816: “Si dice
che nelle carte de’ mezzi tempi trovasi Magella, ed essendo
così, per iscambiamento della lettera G in
I fatta dagli
amanuensi, detta si fosse dipoi Majella; e non credo affatto che
per altra cagione avesse potuto ciò avvenire”. Nelle prime
rappresentazioni cartografiche dei secoli XVI e XVII, la
montagna viene innumerevoli volte raffigurata con la didascalia
“Maiella”, “Maiella mons”, “Maiellae
montes”, “monte Maiella” e anche “The
mount Magella”; di ciò si è ampiamente occupato
Ezio
Mattiocco.»
«Il linguista Giovanni Alessio,
- spiega ancora Lucio Taraborrelli - in uno studio
del 1951 (“Problemi di toponomastica”), prese in esame alcuni
toponimi propri dell’area balcanica aventi radice mag- e tra
questi il termine rumeno “magura”, quello albanese “magule” ed
altri simili (“magulica”, “magoula”, “magali”) attestati tra la
Grecia, l’area danubiana e il
Caucaso, tutti
con lo stesso significato di “altura”, “montagna”, ma anche
“tomba a tumulo”. La medesima radice mag- si
ritrova in Asia minore (“Magal”), in
Sardegna (“Magai” e “Monte Maguri”), in
Lucania
(“Magorno”), in Toscana (“Mugello”) e nei
Paesi Baschi (“Magasca”): una persistenza
linguistica di origine pre-indoeuropea presente ampiamente nel
bacino del Mediterraneo, ovunque con lo stesso significato di
“montagna”, grande “tumulo”,
“luogo sopraelevato”,
verosimilmente da ricondurre al popolamento neolitico, comunque
pre-indoeuropeo, di un territorio vastissimo che va dal Caucaso
ai Pirenei.»
«Lo stesso Giovanni Alessio e il noto linguista abruzzese
Marcello De Giovanni, - aggiunge
Taraborrelli - in un lavoro scritto a quattro
mani nel 1983 (“Preistoria e protostoria linguistica
dell’Abruzzo”) misero in relazione il toponimo “Magella” con gli
oronimi anzidetti, dimostrando uniformità di significato nei
termini aventi radice mag-, presente anche nel nostro toponimo,
completato con la formante –ell del sostrato. Qui il tema lo
lasciamo volentieri agli specialisti, ma non si fa fatica a
comprendere che “Magella” è un oronimo che affonda le
sue radici nelle nebbie della preistoria mediterranea,
una montagna che era visibile da grandissima distanza e che
ricordava un immane tumulo funerario, che grazie alla sua
ricchezza di pascoli, acque, legname e selvaggina forniva (e
fornirà nei secoli) il necessario alla sopravvivenza dell’uomo,
come innumerevoli testimonianze archeologiche da decenni stanno
dimostrando. Una grande e amorevole “Madre”. Ed è
indubbio che la realtà sia estremamente più interessante e
affascinante delle leggende inventate.»
«Da un lato
- conclude
Taraborrelli - fonti scritte certe, originali ed attendibili
e studi
linguistici di prim’ordine; dall'altro una
favola costruita ad arte pochi decenni fa, che parla di dei dell’Olimpo venuti a
morire in Abruzzo e di “Majellane” giganti, con grandi cerchi
alle orecchie, di cui nessuno ha mai fornito il necessario
riscontro etnografico (dove e quando sarebbero state raccolte
tali leggende? Chi le avrebbe raccontate? Con quale grado di
serietà e attendibilità?).
Eppure, è sufficiente cliccare in Rete “Maiella origine del
nome” per accorgersi che a circolare, oggi, sono solo le
invenzioni.»