Questa sera a Casoli una ghiotta anteprima del nuovo tour del cantautore, che partirà il 7 novembre da Roma, a ridosso della pubblicazione (il 19 ottobre) del CD “Rosalino Cellamare - Ron - In concerto”
In radio è già possibile ascoltare il nuovo singolo “Canzone dell’acqua”, un canto ad uno dei beni più preziosi dell'intera umanità, dal quale Ron prende spunto per sensibilizzare il pubblico sulla questione dell'emergenza idrica: un tema che ormai non tocca più solo i Paesi del Terzo Mondo, ma l'intero pianeta. Ecco qualche battuta che riassume il Ron-pensiero.
Che cos'è per te l'amore?
«Sicuramente non è possesso, ma rispetto l'uno dell'altro. Una canzone come ‘Non abbiam bisogno di parole’ esprime la mia visione dell'amore. Quella canzone è un po' vecchia, è stata scritta nel '92, ma è entrata appieno nel pubblico. Proprio per questo, nei concerti, la tengo tra le ultime. Quando arriva dà un segnale».
La vita è anche musica?
«Sicuramente sì. Io penso una cosa: già oggi la vita è una competizione continua, bisognerebbe fare in modo che anche la musica non lo fosse. La musica dev’essere di tutti: tutti devono poterla fare, e senza competizione. Forse vendiamo pochi dischi anche per questo. Bisogna godere la musica per quello che è».
In questo discorso di competizione, come ti poni davanti ai festival che vanno alla scoperta di nuovi talenti?
«Beh, io ho cominciato con i Festival, e devo dire che mi hanno aiutato: ho imparato a stare davanti alla gente, a non avere paura. La prima volta portavo ancora i calzoni corti e imitavo Morandi e Celentano. Ho un ricordo molto tenero di quel periodo. C’era la voglia di emergere. Una voglia che ritrovo anche nei ragazzi di oggi, quando alla fine di un concerto ti danno un cd da sentire: nei loro occhi vedi la speranza. Queste cose vanno bene, sono belle, anche se non sempre è possibile realizzarle: purtroppo non tutti riescono nel proprio intento. L’importante, comunque, è avere la passione».
Il Festival più importante tu l'hai anche vinto: Sanremo 1996, ‘Vorrei incontrarti tra cent'anni’...
«Ho uno splendido ricordo di quella vittoria, anche perché la canzone non fu scritta per Sanremo: la gioia per aver vinto, dunque, è stata ancora più grande. Mia madre si è accorta solo allora che cantavo! Sono molto contento che la gente canti tuttora questo pezzo».
Questa canzone ha ispirato anche un vino, giusto?
«Eh, già! Da qualche tempo io produco un vino che ho scelto di chiamare “Fracent’anni”, proprio perché “Vorrei incontrarti fra cent’anni” è una canzone che mi ha portato bene. Sono nato e vivo ai piedi delle colline dell’Oltrepo Pavese, che sono sempre state il mio rifugio, l’ambiente da cui trarre ispirazione per il mio lavoro. Qui mi sono messo a scrivere e a comporre, ma anche a girare per filari e campagne, per borghi e trattorie, riscoprendo il mondo segreto delle mie origini, fatto di terra e di nuvole, di profumi e di sapori, di lavoro e di passione. Così la gente, i contadini, mi invitavano a casa, in cantina, ad assaggiare il loro vino, oppure gli osti, la sera, mi stappavano bottiglie del posto, spesso pezzi rari e sopraffini. Mi sono interessato e poi appassionato, proprio per quello che il vino sa esprimere, rappresentare. Ho scoperto che con la musica, con le canzoni, il vino ha molte analogie. Anche il vino è un segno d’artista, racconta storie. È capace di consolare, unire, rallegrare. Migliora gli umori e accende la fantasia. Porta in superficie un mondo segreto, spesso intimo. Così mi è venuto naturale cercare di sapere sempre di più sul vino, fino a scoprire, un po’ a sorpresa, la naturale voglia di farlo».
Stai per pubblicare un nuovo disco. Come sarà?
«Sarà un lavoro che conterrà i miei più grandi successi interpretati dal vivo in versioni riarrangiate con l'accompagnamento dell'Orchestra Toscana Jazz. Si chiamerà "Rosalino Cellamare - Ron - In concerto" e sarà disponibile anche in versione video, in un'edizione speciale cd+dvd. A novembre partirò per un tour teatrale che mi porterà nelle principali città italiane: proporrò uno spettacolo speciale in cui racconterò me stesso tra grande musica, monologhi, personali osservazioni e annotazioni. A Casoli, invece, concluderò il tour che in questi mesi mi ha visto suonare nelle piazze, dove ho portato in scena un’atmosfera più votata alla grande festa popolare».
Dalla musica al sociale: qualche anno fa hai promosso il progetto “Ma quando dici amore”, per combattere la SLA. Come ti era venuta questa idea?
«Un mio caro amico è stato colpito dalla SLA, la sclerosi laterale amiotrofica. Ritrovarsi una persona cara con una simile malattia, che è molto rara e colpisce tutti i muscoli del corpo, mi ha fatto riflettere: dovevo fare qualcosa. E' nata così l'idea di realizzare un disco, coinvolgendo tanti amici, con cui ho duettato. I proventi di 'Ma quando dici amore' sono andati interamente a favore della ricerca per la SLA: nessuno di noi ci ha guadagnato niente».
Vedendo la sofferenza da vicino, si ha modo di riflettere di più?
«Diciamo che attraverso una sofferenza grande arrivano segnali di vita fantastici. Scopri il senso della vita. Quando un amico si ammala, capisci di essere fortunato: io, ad esempio, mi ritengo un uomo fortunato, perché faccio questo lavoro da più di 35 anni. E allora ognuno di noi deve fare qualcosa per chi è meno fortunato. Dobbiamo apprezzare la vita».
Fonte: www.primadanoi.it del 08-10-2007