La Nato bombarda le industrie
della Serbia. Le immagini delle raffinerie della Serbia bombardate
dalla NATO nel 1999. Una chiara manovra per danneggiare lo Stato dal
punto di vista economico, colpendo industrie ed infrastrutture. Fu
davvero un intervento umanitario?
Un forte aumento, fino anche al 200%, dei casi di cancro
nelle zone del Kosovo più colpite dai bombardamenti della Nato di 10 anni fa. Lo
denuncia il quotidiano serbo Politika, che critica la totale mancanza di
reazioni da parte di Belgrado. «Kosovo, piccola Hiroshima», titola in prima
pagina il giornale belgradese, che cita un libro della studiosa Mirjana
Andjelkovic-Lukic, esperta in armi ed esplosivi al Centro tecnico-scientifico
dell’esercito serbo e vedova di un militare ammalatosi proprio in queste
circostanze. Il saggio racconta infatti di alcuni alti ufficiali serbi morti di
cancro dopo aver effettuato nel 2000 ricerche sul terreno per indagare sui
risultati dei bombardamenti della Nato. Dal 2000 ad oggi sono state fatte
rilevazioni in 112 località: secondo i documenti citati nel libro il livello
radioattivo dei raggi gamma e beta è due volte superiore alla norma.
La zona a più alta contaminazione radioattiva da uranio impoverito, secondo una
cartina pubblicata da Politika, è quella del Kosovo occidentale, dove sin
dall’inizio del dispiegamento stazionano le truppe italiane inquadrate nella
Kfor. Un team di medici guidato dal professor Naboisha Srbljak, dell’ospedale
principale di Kosovska Mitrovica, ha indagato sul territorio di tale località
dove è stato riscontrato un «drammatico aumento» dei casi di tumore, «fino al
200% in più rispetto a prima dei bombardamenti», scrive il giornale. In alcune
zone i casi sono cresciuti addirittura di quattro volte. Mentre infatti fino a
prima dei raid Nato su 300 mila persone in Kosovo i malati di cancro erano
dieci, dopo i bombardamenti tale rapporto è salito a 20 casi su 60 mila. Politika - che cita il caso del ministero della Difesa italiano condannato a
risarcire un ex militare italiano ammalatosi di cancro dopo una missione in
Somalia - afferma che il professore Srbljak ha inviato i risultati delle
ricerche all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ma che finora non vi è
stata alcuna reazione. «Anche la Serbia tace al riguardo», ha aggiunto
amareggiato. I bombardamenti della Nato contro obiettivi militari in Serbia e
Kosovo durarono 78 giorni dal 24 marzo al 10 giugno 1999.
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Il 24 marzo 1999 cominciava la guerra in Jugoslavia. O
meglio, l'aggressione italiana e della Nato al popolo jugoslavo. Pretesto: la
presenza di Milosevic al potere e la pulizia etnica in Kosovo. Motivo:
sostituire in Kosovo la pulizia etnica serba con quella albanese per creare uno
stato pienamente filo-occidentale in quell'area dei Balcani.
Vista la potenza militare della Nato è andata proprio così: la Jugoslavia non
esiste più, si è ulteriormente smembrata e il Kosovo ha dichiarato
l'indipendenza. Milosevic è morto e la stessa attuale dirigenza serba è
prevalentemente filo-occidentale. In Kosovo regna un regime mafioso, quello
prescelto dalla Nato, e i serbi sono discriminati ma nessuno osa prenderne le
parti. Perchè tre mesi di bombardamenti sulla popolazione civile jugoslava, con
un numero mai precisato di morti, sono stati chiamati "intervento umanitario"
per portare la democrazia. In Italia l'artefice della partecipazione alla guerra fu Massimo D'Alema allora
presidente del consiglio. Con una maggioranza che comprendeva Pdci e Verdi. Un
massacro quindi della stessa sinistra che di lì a pochi mesi avrebbe contribuito
a riempire le piazze e le sfilate contro la globalizzazione. D'Alema, poche
settimane la guerra, fu subito invitato alla marcia della pace di Assisi perchè,
si sa, niente fa accrescere la coscienza pacifista meglio dei finanziamenti del
governo alle Ong (a proposito, quello fu anche il periodo dello scandalo delle
tangenti per la missione arcobaleno, tomba di tutte le Ong eque e solidali).
Miglior sorte non ci fu per i contestatori di allora. Il Prc di Bertinotti che
sfilò contro le guerra, e la visione militarista dei rapporti internazionali di
D'Alema, di lì a pochissimi anni votò D'Alema ministro degli esteri facendosi
risucchiare nella guerra in Afghanistan.
Triste anniversario quello della guerra in Jugoslavia: ci ricorda una montagna
di macerie a Belgrado, una serie infinita di lutti e la miserabile esistenza
della sinistra italiana.