Non proprio. E non solo perché nelle zone interne
continuano le polemiche per i disagi. Non è piaciuto ad alcuni sindaci
presenti all’incontro dell’Aquila il tentativo di far passare un
messaggio tranquillizzante, quasi di pacificazione generale, come se
tutti i problemi sanitari sul territorio fossero stati risolti. E forse
non è piaciuto l’approccio “culturale” all’Abruzzo, quello che è rimasto
alla terra dei pastori e della gente semplice, e magari poco
acculturata, per convincere la quale basta un esempio suggestivo.
Dice Pierluigi Natale, primario chirurgo in pensione, già sindaco
di Fara San Martino e presidente del Comitato pro-ospedale di Casoli: «hanno
fatto l’esempio della Valle d’Aosta: lì c’è un solo ospedale, qui perché
protestate? Non ci hanno però detto che questa regione, per superficie e
popolazione, al massimo è simile alla provincia di Chieti. E’ una
regione autonoma, ricca e piena di centri di villeggiatura tutti super
attrezzati con elisoccorso ed autoambulanze che fanno capo ad un
ospedale (Aosta) tra i più invidiabili specie per la chirurgia. A Casoli
invece, ospedale zonale per circa 22 comuni, sono stati soppressi i
reparti di medicina, chirurgia, pediatria, il pronto soccorso ridotto a
primo intervento, il laboratorio analisi è solo un centro prelievo. Però
ci paragonano alla valle d’Aosta….», aggiunge l’ex sindaco, «l’impressione
è che il sub commissario Giovanna Baraldi per il suo Piano dei tagli
abbia preso lo spunto da qualche libro del trecento dove per “ospitale”
si intendeva un fabbricato con le panche per i malati e qualche
monachella che li accudiva per carità di Santa Caterina da Siena. Quindi
il manager Asl Francesco Zavattaro parla a Chieti di nanotecnologie ed a
Casoli toglie l'unico specialista radiologo che fa funzionare la Tac per
una vasta zona come quella dell'Aventino».
IL SINDACO DI CASOLI: «C’E’ UN’ALTRA VERITA’»
«Mi piacerebbe fare un contro-verbale di quello che è successo lì,
dopo aver letto e sentito le dichiarazioni di Chiodi», ha spiegato
il sindaco di Casoli, Sergio De Luca, «perché io sono un
testimone oculare e posso assicurare che le cose non sono andate come si
tenta di farle passare e cioè che c’è stato l’assenso di tutti i sindaci».
E allora ce lo racconti.
«Intanto sono stato avvisato alle 9 per essere all’Aquila alle 11. Da
Casoli, oltre 150 km tortuosi e non con l’auto blu. Sapevamo della
visita, ma questo invito all’ultimo minuto non sembrava fatto per
partecipare. Infatti il sindaco di Gissi non ce l’ha fatta ad essere
presente, anche se è stato dato come partecipante all’incontro. Sfidando
l’autovelox, sono arrivato all’Aquila alle 11,10, mentre parlava Dino
Rossi, sindaco di Tagliacozzo che ha chiesto in modo netto al ministro
di sospendere i tagli, di approfondire i problemi e di decidere solo
dopo una nuova proposta».
Ma altri sindaci sono stati meno critici…
«Il sindaco di Avezzano, forse, o quello di Guardiagrele e di San
Valentino. Ma sono posizioni forse legate alla comune militanza politica
con Chiodi – continua De Luca – ma a Maurizio Radichetti, sindaco
di Pescina, pur condividendo la necessità del Piano non ne condivide né
i contenuti, né le previsioni dei tempi di intervento (in minuti) che
non assicurano l’emergenza, ed ha sottolineato che l’ospedale di
Avezzano non ce la fa a sopportare l’aggravio di richieste».
Ma veniamo al suo intervento: cosa ha detto in particolare?
«Che chi ha deciso certi tagli non conosce il territorio abruzzese e
parlare nel Sangro Aventino di 50 minuti per il soccorso significa dire
solo il tempo per l’arrivo dell’ambulanza sul luogo dell’intervento e
non dell’arrivo in ospedale. Poi quando si arriva a Lanciano c’è un
Pronto soccorso declassato a “semplice”, senza emodinamica, senza
risonanza magnetica ecc. Altro che salvare la vita…».
C’è stata anche una sua contestazione “tecnica”?
«Ho chiesto al ministro: se il precedente commissario Gino Redigolo
aveva approvato i piani industriali delle Asl, vuol dire che si andava
verso il risanamento e non c’era bisogno di altri tagli che hanno
concesso alla vecchia Asl Lanciano-Vasto solo 1,8 posti letto, a fronte
di una media nazionale di 3,3 per mille. E poi ci sono stati figli e
figliastri: Sant’Omero rimane aperto con 139 posti e Ortona con solo
115, pur avendo il bacino di utenza più abitanti. A Casoli sono stati
chiusi reparti per sub-acuti (Lungodegenza e Riabilitazione) e la
Chirurgia day surgery che nel 2009 ha fatto 850 interventi. Poi non è
vero – ha concluso De Luca – che questi malati sono stati
spostati a Lanciano o Atessa. In questi ospedali non sono stati attivati
posti letto sostitutivi. E allora ci state prendendo in giro? Al di là
di altre iniziative che concorderò con il Comitato per l’ospedale e con
altri sindaci, la domanda a Chiodi intanto è una sola: volete tagliare,
ridurre, razionalizzare? Perché prima non avete attrezzato il territorio
per sostenere la chiusura dell’ospedale? Avete fatto il contrario di
quello che la logica suggerisce. Non ci potete chiedere di essere
d’accordo e soprattutto di spacciare per consenso le nostre critiche».
Fonte: primadanoi.it del
10-09-2010