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"Il Monumento" di Alberto Del Pizzo
Il racconto è un riesame storico e sociale non solo di un paese ma di tutto ciò che accade dal 1927 al 1957 anche in Italia

"Il Monumento" di Alberto Del Pizzo

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Una cartolina di Casoli che ritrae il monumento ai caduti eretto dove oggi sorge il monumento agli emigranti (vedi anche le altre cartoline)

1957: una bella giornata di novembre (cap. 36)
«La mattina del Quattro Novembre sullo spiazzo dell'Assunta c'era tutto il paese. Una messa in chiesa, e subito dopo la cerimonia all'aperto. Ma alla messa andò poca gente: il gruppo delle autorità e delle famiglie dei Caduti, le bandiere del Comune e dell'Associazione Combattenti, e gli alunni delle scuole, anch'essi con le loro bandiere, e gli insegnanti in testa. Il grosso del pubblico confluì senza fretta verso l'Assunta durante la celebrazione della messa; poi, quando sulle scale della chiesa riapparvero le bandiere e dietro di esse le autorità, i combattenti (tutti in borghese, ma con le decorazioni e i nastrini sul bavero della giacca e, alcuni, anche con il cappello da alpino o il fez da bersagliere) e lo stuolo oscuro dei familiari dei Caduti, la folla fece semicerchio intorno al monumento e alla piccola banda musicale che aveva preso posto già da prima, su un lato. I ragazzi delle scuole, divisi per classi, con i grembiuli neri i maschietti, bianchi le femminucce, furono schierati invece dietro, nell'anfiteatro verde del prato.» ... continua»

E' il racconto di un evento che risale esattamente a  49 anni fa, il 4 novembre del 1957, giorno dell'inaugurazione del monumento ai caduti, di un piccolo paesino in provincia di Chieti, che lo scrittore Alberto Del Pizzo (vedi foto) descrive nell'ultimo capitolo del suo libro "Il Monumento" pubblicato nel 1969. Un riesame storico e sociale non solo di un paese ma di tutto ciò che accade dal 1927 al 1957 anche in Italia, quindi un riesame della società italiana oltre che abruzzese, un «pro memoria degli anziani e documento dei giovani e dei posteri». Uno «sfogo contro la retorica, la malafede e l'arrivismo che ci hanno offesi durante il fascismo e dopo; - dice l'autore - contro una piccola borghesia incolta e provinciale che si è lasciata menare per il naso, dai più cinici arruffapopoli, e dai più stupidi chiacchieroni.»  Tutto inizia dal 1927, quando si sente l'esigenza di erigere un monumento ai caduti della prima guerra mondiale e per la prima volta se ne comincia a parlare: «Siamo in un paesino della provincia di Chieti, - dice Teodoro Giùttari nella prefazione - mentre si fa orgia di retorici discorsi fascisti e si sciala in folcloristiche manifestazioni patriottiche (...), si pensa ad erigere un monumento ai caduti nella guerra 1915-'18. Ma i maggiorenti non si mettono d'accordo né su come scolpire il monumento né su dove collocarlo. Si scontrano soprattutto due concezioni diverse di monumento e di patria, entrambe retoriche: quella di un monumento e d'una patria imponenti sostenuta da don Carlo Pasquantonio, Podestà del paese, e quella di un monumento umile, "francescano", che fosse una sorta di altare votivo sul quale venerare i caduti per l'onore della Patria assurta a grandezza proprio con la guerra del 1915 -'18, sostenuta invece dall'ex combattente ed erudito professore (non laureato) don Pasqualino D'Intino, l'intellettuale del paese.»
Il monumento ai caduti, venne costruito esattamente vent'anni dopo ed i racconti che ruotano questa volta intorno a figure autorevoli come il barone Ferrari (Deputato democristiano al Parlamento) ed altre autorità e personaggi locali come politici, notai, avvocati, intellettuali, cappellani, ex combattenti, artigiani e bandisti, costituiscono la seconda parte del libro, quella in cui lo scrittore raccontando delle nuove «eterne dispute da caffé» per il monumento ancora da erigere, descrive tutto il periodo dal dopoguerra al 1957.

Leggi i cinque capitoli de il "Monumento" pubblicati sul sito»

Inserito da Redazione il 04/11/2006 alle ore 19:15:58 - sez. Libri - visite: 4883