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LA TRAGEDIA DI MATTMARK 50 ANNI DOPO
Durante il seminario del 4 Marzo 2015 organizzato dall'Ist. Algeri Marino di Casoli presso il Cinema Comunale, Nicola Verna ha presenatto il suo libro 'Bruciati dal ghiaccio, La tragedia di Mattmark (Svizzera) – 30 agosto 1965' .

LA TRAGEDIA DI MATTMARK

Nel seguente articolo il riassunto di quella tragica giornata dove hanno trovato la morte anche due operai di Gessopalena, Ginetta Bozzi e Raffaele Innaurato

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Il 4 Marzo 2015, in un incontro al Teatro Comunale di Casoli, organizzato dall'Ist. "A. Marino", in presenza della dirigete scolasatica Costanza Cavaliere, degli autori dell'autori Nicola Verna e Antonio D'Orazio e del Prof. Tommaso Giovannangelo, è stata ricordata la tragedia di Mattmark, avvenuta 50 anni fa in Svizzera, durante la costruzione di una diga il 30 Agosto 1965, dove morirono 88 persone, tra cui 56 italiani. Tra le vittime abruzzesi, c'erano: Ginetta Bozzi e Raffaele Innaurato, entrambi di Gessopalena.
Durante il seminario di studio, dopo l'introduzione della dirigente scolastica Dott.ssa Costanza Cavaliere, sono stati proiettati dei video e sono stati presentati, dagli stessi autori, i due seguenti libri:
"BRUCIATI DAL GHIACCIO" , autore Nicola Verna (Ires Abruzzo Edizioni).
"L'UMANITA' SEPOLTA", autori Antonio D'Orazio e Nicola Verna (Ires Abruzzo.Edizioni)
Nicola Verna dopo aver illustrato le immagini di repertorio della costruzione della diga e poi della tragedia, ha letto delle testimonianze di alcuni abruzzesi, parenti delle viottime e altri scampati al grave incidente.
Il prof. Tommaso Giovannangelo, ha invece concluso i lavori parlando degli aspetti tecnici della diga e delle centrali idroelettriche annesse.

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Di seguito un riassunto tratto dal libro "Bruciati dal ghiaccio, La tragedia di Mattmark (Svizzera) - 30 agosto 1965", di Nicola Verna:

LO SCENARIO
La valle di Saas sale fino alle pareti del Monte Rosa, nei pressi del paese di Macugnaga, in Provincia di Novara. E' situata nelle alpi del vallese (Svizzera), sulla direttrice Briga - Losanna - Ginevra.
Nell'alta valle di Saas, c'è Mattmark e il ghiacciaio dell'Allalin, definito dagli abitanti del luogo «la strega», il paese più vicino è Saas Almagell.
Sorgeva lì uno dei cantieri idroelettrici più grandi d'Europa, ad un'altitudine di 2.150 metri. I lavori iniziarono nel 1962.  La diga fu costruita con pietre raccolte alla base della montagna con l'uso di potenti ruspe. Sulla traiettoria del ghiacciaio avevano costruito delle baracche per ufficio, mensa, officina, dormitorio, spaccio, era una piccola città del lavoro. Gli studi geologici erano stati compiuti da esperti del politecnico di Zurigo.

LE CONDIZIONI DI LAVORO
Il lavoro era duro e si operava in condizioni ambientali a volte proibitive.  I camion erano pesanti, senza balestre, saltavano ad ogni buca; bisognava indossare le panciere  per evitare danni fisici, il percorso era pieno di ostacoli, a volte nevicava anche ad agosto.
Racconta Carlo Martelli di Lanciano (Chieti): "Lì c'era solo da lavorare. Mai posso scordarmi, mi  dicevano i vecchi: «Per il freddo mi sono scoppiate le mani a sangue». Questo fatto è successo a me sul cantiere".  Francesco Achenza di 38 anni, uno dei tre sardi periti nella tragedia, scriveva al fratello Sebastiano: "Non è bello lavorare di notte. Siamo dentro una tomba, non vediamo nulla, siamo  circondati da montagne e non vediamo altro che neve. Non voglio che dite niente ai miei, dite che è un bel posto" .
Gaetano Casentino, uno delle 7 vittime di S. Giovanni in Fiore, scriveva il 24 maggio 1965 ai suoi amici in paese: "Sulle vette nevose svizzere sferzano carni sangiovesi, temprate alle fatiche e  dal cimento del gelo, abbiamo preso il colore della morte. Abbiate pietà!! Abbracci Gaetano".

LA TRAGEDIA
Alle 17,00 di lunedì 30 agosto la vita al cantiere si svolgeva con regolarità: degli operai erano al lavoro alle cave di materiale morenico ai piedi del ghiacciaio, con i grandi camion Enclid  trasportavano il materiale, altri operavano sull'assestamento della diga. Forse altri cento si  trovavano nelle baracche del cantiere: nelle officine, negli uffici, nelle mense, nei dormitori.
Il bacino del ghiacciaio ha la forma di un imbuto; nella parte più stretta, in basso, era stato sistemato il cantiere: scelta oculata e ponderata, diranno i tecnici.
Alle 17,15, una parte consistente della punta del ghiacciaio Allalin, si staccò e precipitò a valle. In pochi attimi oltre un milione di metri cubi di ghiaccio si diresse sul cantiere, spazzando tutto  quello che si trovava sulla sua traiettoria.
Sotto 30 metri di ghiaccio rimasero sepolte 88 persone di cui 56 italiani; tra questi, gli abruzzesi: Giovanni Papa (di Campli TE), Camillo Nasuti (di Lanciano CH), Ginetta Bozzi e Raffaele Innaurato (di Gessopalena CH), e il molisano Reginaldo Petrocelli (di Acquaviva IS).
Si salvarono Piacentino Campitelli, Martelli Carlo, Paolo Nasuti e Fantini Giovanni di Lanciano. Campitelli Piacentino ricorda: "Le ruspe D8 e D9 furono accartocciate come carta stagnola. Le lamiere avevano uno spessore di otto centimetri e furono attorcigliate."
I soccorsi arrivarono con molta celerità, ma presto un senso di impotenza attraversò gli operai che avviarono lo sgombero del ghiaccio. Seppure le ruspe e i camion fossero giganteschi, rispetto al mostro di ghiaccio sembravano dei moscerini.
"Quello che era un immenso cantiere nel quale risuonavano le parlate e i dialetti di mezza Europa, si è trasformato nello spazio di pochi minuti in un desolato cimitero" scrisse Bruno Romani sul Messaggero del settembre 1965.

LE VITTIME ABRUZZESI
Gessopalena, definita dai giornali dell'epoca la «seconda Cassino d'Italia», distrutta per il 90 % nell'ultimo conflitto mondiale, apprende, il primo settembre 1965, la notizia ufficiale dal sindaco  Nicola D'orazio che precedentemente aveva ricevuto comunicazione dalla stazione dei carabinieri  di Torricella Peligna. Raffaele Innaurato e Ginetta Bozzi erano da considerarsi dispersi nella  tragedia di Mattmark. Il 2 settembre, il Console di Briga telegrafò al Sindaco D'Orazio  informandolo che una squadra impegnata nei soccorsi aveva rinvenuto il corpo martoriato di  Raffaele Innaurato.
«La Stampa» del primo settembre 1965 scriveva: " .... oltre metà delle vittime sono italiani, poveri  uomini arrivati qui da ogni parte della Penisola, dall'estremo nord all'estremo sud e fra loro c'è  anche una ragazza, Ginetta Bozza, una cameriera abruzzese che ci descrivono gaia, felice del suo  lavoro e che ora è là, sotto il peso immenso della valanga, che forse l’ha sorpresa con sulle labbra l’ultimo sorriso".
Camillo Nasuti di Lanciano, 22 anni, era partito nel 1963 e lavorava come ruspista nel cantiere di  Mattmark. Non era sposato, voleva costruire una nuova casa per sé e i propri genitori. Lo ricordano sempre intraprendente e con la voglia di lavorare.
Giovanni Papa era nato a Giulianova il 30 gennaio 1924. Si era sposato con Rosa Ripani di Teramo,  nel 1945 si trasferì a Pagannoni di Campli. Aveva due figli Guerrino e Michele.  Nel 1959 emigrò in Svizzera. Nel 1964 morì la moglie e, il figlio più grande (Guerino), seguì il  padre e lavorò nello stesso cantiere. A Pagannoni di Campli lo ricordavano tutti con ammirazione. Era una persona generosa, disposta ad ascoltare gli altri, sempre sorridente, nonostante i tanti guai.

I PROCESSI E L'ASSOLUZIONE DEGLI IMPUTATI
Nella seduta della Camera del 28 settembre 1965, il Governo di centro sinistra, presieduto dall'on. Aldo Moro, annunciò l'esclusione dell'Italia dall'inchiesta sulle cause della sciagura di Mattmark.
Diciassette persone, fra direttori, ingegneri del cantiere ed alti funzionari del genio civile e delle  assicurazioni, verranno rinviate a giudizio e processate a Visp, nel Vallese, con l'accusa di  «omicidio per negligenza». Nel marzo del 1971 tutti gli imputati saranno assolti. Nell'ottobre del  1972 il processo d'Appello, che si svolgerà a Sion, non solo confermerà l'assoluzione degli  imputati, ma condannerà anche i parenti delle vittime a sostenere metà delle spese processuali.
Il 20 ottobre 1972, il Consiglio comunale di Gessopalena, riunito in sessione straordinaria, protestò  contro la sentenza dei Tribunali svizzeri.
Il Governo italiano non intervenne in modo efficace e determinato nella vicenda, nonostante le  pressioni dell' opposizione. C'era stato però un precedente inquietante; il 14 febbraio 1965, la  Svizzera aveva adottato un pesante provvedimento xenofobo: la chiusura delle frontiere e l'arresto  immediato per le persone sprovviste di un permesso di residenza. Il ricatto dell'espulsione era molto forte, sarebbe divenuta una diaspora di dimensioni gigantesche.

LE RESPONSABILITA’
Nel 2005, alcuni operai e le loro famiglie tornarono a Mattmark dopo 40 anni, accompagnati dal  rappresentante della municipalità di Lanciano Umberto Di Francescantonio. Il progetto del viaggio,  elaborato dalla musicista Vilma Campitelli, figlia di Piacentino, uno dei lavoratori del cantiere  svizzero, fu approvato e finanziato dal comune di Lanciano, sindaco Paolini.
Queste ricorrenze, assumono un carattere prettamente celebrativo, nessuno parla di responsabilità, i convegni in Svizzera sulla sicurezza nei luoghi di lavoro sono utilizzati per mettere in evidenza i  progressi che si sono fatti in questo campo negli ultimi 50 anni. Servono anche a ribadire che dopo Mattmark non si sono verificati incidenti di quella portata, quasi a sottolineare che occorressero delle vittime sacrificali per migliorare le condizioni di lavoro. In realtà, se si ricostruiscono le storie individuali dei lavoratori di quel periodo si capisce subito che  nessuno di loro abbandonava la propria casa e la propria terra per immolarsi affinché ci fosse una  diversa attenzione sulla sicurezza del lavoro in futuro.
Partivano per sostenere le proprie misere famiglie, partivano perché volevano assicurare un futuro  ai propri figli, fornendo loro i mezzi per studiare. Parlare di evento naturale imprevedibile come causa della tragedia non rende giustizia a quanti si  sono sacrificati in quel cantiere.
Le baracche costruite sulla traiettoria del ghiacciaio dell' Allalin è prova evidente della  considerazione che si aveva allora della vita di chi, in prima persona, dava l'anima per realizzare al  meglio quel progetto. Le immagini del cantiere dopo il disastro sono eloquenti. La diga è posta fuori dalla portata del  ghiacciaio. La diga si salvaCome mai le baracche vengono lasciate in piena traiettoria del ghiacciaio?
A tutto questo nessuno ha mai dato una risposta plausibile.  Eppure le testimonianze di glaciologi, geologi, lavoratori, giornali svizzeri e italiani fanno pensare  che il disastro si poteva evitare.
La disposizione logistica delle baracche sul cantiere faceva guadagnare un'ora per andare e un'ora  per tornare dal cantiere-base. La diga fu così terminata due anni prima. Sul cantiere lavoravano ingegneri di alto profilo, conoscevano il pericolo, più volte segnalato dalle maestranze.  Se si parla ancora di casualità e di fatto naturale si insulta la scienza.
I nostri emigranti hanno dato il meglio della loro giovinezza, con coraggio, dedizione e competenza. Hanno migliorato la vita dei paesi ospitanti e del loro paese d'origine. Si sono espressi al meglio nel lavoro, e ne hanno fatto uno strumento di elevazione morale. Negli ultimi 50 anni però il patrimonio prodotto dai nostri lavoratori all'estero è stato dilapidato. I nostri giovani tornano ad emigrare. Nella galleria che costeggia il bacino idroelettrico di Mattmark, nei pressi della lapide di Raffaele Innaurato e di Ginetta Bozzi di Gessopalena, si percepisce appena una scritta nascosta, impressa nel cemento: “Raffaele il tuo sacrificio non è stato vano. Italia 13 - 8 – 84”.
Il rispetto l'hanno conquistato nella gelida tomba di Mattmark. Ora Giovanni, Raffaele, Camillo, Ginetta, Reginaldo sono nella storia, fanno parte della memoria collettiva, il silenzio è spezzato, esiste un'altra verità, non hanno più bisogno dei tribunali svizzeri. E il segreto di stato sui processi possono pure tenerselo.

Tratto dal libro "Bruciati dal ghiaccio, La tragedia di Mattmark (Svizzera) - 30 agosto 1965", di NICOLA VERNA - Ires Abruzzo Edizioni, Pescara 2009

Inserito da Redazione il 28/04/2015 alle ore 11:56:36 - sez. Libri - visite: 5153