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Rinnovo della pubblica illuminazione nel Centro Storico
33 anni fa, A. Di Giorgio scriveva al Sindaco per la sostituzione di pregevoli vecchi lampioni con "spettrali lampade bianche"

Rinnovo della pubblica illuminazione nel Centro Storico

Se trent'anni fa l'avessero ascoltato, il nostro Centro Storico godrebbe ancora dei corpi illuminanti originali. Alcune delle "spettrali lampade bianche" infatti, sono state sostituite in questi giorni con delle riproduzioni di vecchi lampioni ottocenteschi in ghisa, sono purtroppo dei falsi storici, è vero, ma sono comunque luci calde che tornano a salvaguardare e rispettare l'architettura del luogo come accadeva anticamente.
Di seguito si riportano le due lettere aperte che l'Avv. Di Giorgio inviò al Sindaco di Casoli nel 1974, raccolte dallo stesso autore nel volume "Ragionamenti e altre prose" pubblicato dalla Carabba Editrice nel 1982.
Sono due lettere di un'attualità sconcertante per i temi trattati che vanno oltre il problema della pubblica illuminazione.

Prima lettera del 3 Aprile 1974

Caro Sindaco,
   in questi giorni è in corso a Casoli il parziale rinnovo della pubblica illuminazione, operazione che ha attratto la mia attenzione e quella di altri cittadini. Tra le altre anche la mia casa ne è vittima.
     Come ben sai si stanno sostituendo nelle vecchie strade del Quarto a Monte i vecchi lampioni a piatto, con braccio in ghisa o in ferro, taluni di pregevole lavorazione, tutti caratteristici, con spettrali lampade bianche, sospese, senza alcuna mediazione, a cavi che attraversano tutta la luce della strada.
     L'operazione è di una bruttura illimitata ed offensiva.
     I vecchi lampioni erano perfettamente intonati al carattere del quartiere, con le sue case basse ed antiche, con le sue strade strette, con le sue gradinate a gomito. Si capisce bene che gli amministratori e gli imprenditori che li collocarono, settanta anni fa, ebbero presente non solo l'esigenza di illuminare il paese, ma anche quella di abbellirlo un poco. Erano persone civili.
     Le nuove lampade invece adempiono solo alla funzione di illuminarlo e mentre questa adempiono male perché la loro luce è abbagliante, servono per il resto, con i loro grossi cavi tesi da un muro all'altro e con lo squallore dei diffusori di plastica, a imbruttire il nostro paese.
Dappertutto ormai, anche nei più oscuri borghi (e questo non è il caso di Casoli che ha una certa tradizione di cultura), si cerca di preservare l'ambientazione d'epoca, si cerca addirittura, spendendoci, di ripristinarla laddove l'ignoranza l'aveva distrutta, questa tendenza è diventata anche legge dello Stato con gli articoli a tutela dei centri storici della Legge 765 del 1967, e noi vogliamo disfarci di quel poco che a Casoli è rimasto? E in cambio di che? Di nulla. L'operazione infatti è anche insensata, non serve a risparmiare mille lire: serve invece a spendere alcuni milioni per peggiorare l'estetica e l'illuminazione cittadine.
     Vorrei quindi pregarti di volere sospendere l'operazione e di volere ripristinare il vecchio sistema di illuminazione, rimettendo i lampioni a braccio dove stavano, con lampadine di media potenza. La cordiale attenzione che hai prestato a questi rilievi quando, approfittando della nostra vecchia amicizia, te li ho esposti per strada mi fa bene sperare. Mi è sembrato anzi che tu convenissi sulla loro giustezza.
     Giacché mi trovo a scrivere dell'urbanistica di Casoli, vorrai permettermi di parlare un altro poco per liberarmi la coscienza da un malloppo che mi porto dentro da molto tempo. Sono osservazioni che non involgono la tua recente responsabilità di Sindaco e alle quali, credo, tu non puoi più porre rimedio, ma tu accettale come lamento e soprattutto come esortazione a voler adottare, per il futuro e per quanto a te spetta, un modo di regolare l'edilizia casolana radicalmente diverso dal passato.
     Casoli che era un bel paese (chi ci vive non sempre se ne accorge) sta diventando un brutto paese. E in questi ultimi anni la situazione sta precipitando.
Mi riferisco alla collocazione dell'Ospedale, sbagliata in tutti i sensi possibili e immaginabili; al nuovo quartiere Luciani, caotico ed impervio, riservato ai sestogradisti; alla mostruosa mole dei due palazzi costruiti alla Fonte a Valle (dalla Curva dello Storto era un colpo d'occhio bellissimo scoprire, di botto e tutto intero, il paese che fino a quel punto non si era affatto annunciato, tutti i viaggiatori provenienti dalla montagna ne restavano incantati. Ora si vede solo quell'odioso palazzone); alla Fonte a Valle stessa, malamente murata e artificialmente disseccata (qui a Lanciano, città non certo urbanisticamente esemplare, le due antiche fonti cittadine sono state di recente ottimamente restaurate con una spesa di diecine di milioni); a certe nuove costruzioni che entrano nei vecchi quartieri come un pugno entra in un occhio, e tra queste; in particolare, a Via Garibaldi, lo spropositato fabbricato della ditta De Simone accanto all'armoniosa casa della ditta Cipolla; allo stupido modernismo che vuole aperti al traffico degli autoveicoli anche i più appartati vichi, anche il sagrato e il porticato della Chiesa Maggiore; alla incuria con la quale si lascia, specie nel Quarto a Monte, che stradine e piazzette siano, malgrado i segnali di divieto, costantemente intasate di auto in sosta;
al triste vezzo di demolire, nelle case da restaurare, tutti gli ariosi archetti in pietra della Penna per sostituirli con banali rettangoli in travertino. Eccetera.
     Non sono cose originali queste che ti scrivo. Le aveva già dette buona parte dell'opinione pubblica; le avevano dette, con meraviglia e tristezza, i nostri comuni amici che tornano d'estate a Casoli; le aveva dette con eloquenti fotografie l'efficace mostra allestita l'anno scorso per la Festa dell'Unità. Possibile che l'Amministrazione Comunale continui a restare sorda?
     Qui a Lanciano, quando m'incontrano amici che tornano da un viaggio a Casoli, quasi mi aggrediscono. «Cosa succede al tuo paese? - mi dicono - Era così bello! E tu che sei presidente di Italia Nostra nulla puoi fare?».
Ecco: ho fatto finalmente una cosa: ti ho scritto, caro Sindaco, questa lettera. Veramente Italia Nostra, specie quando si tratta di una piccola sezione, non può fare molto di più di scrivere lettere, e le lettere si scrivono fidando nell'onestà, nella sensibilità, nell'amor patrio delle autorità cui si indirizzano.
Tu sei un sindaco democratico e non ti dispiacerà se, dopo che l'avrai ricevuta, cercherò di aprire questa lettera al pubblico.

Cordialmente,

Lanciano, 3 aprile 1974


 Seconda lettera del 8 Ottobre 1974

Carissimo Gino,
     la mia lettera aperta, che non ha spostato di un millimetro l'orientamento della amministrazione comunale da te egregiamente diretta, ha avuto almeno il conforto di questa tua pubblica, ampia e cordiale risposta, di cui sinceramente ti ringrazio. Ringrazio vivamente anche Don Tancredi, il quale ci consente di tenere questo pubblico dibattito che potrà forse risultare di qualche utilità.
     Volentieri riconosco che criticare è molto più facile del fare, specie quando il fare, come nel caso tuo, deve tener conto di pressioni e interessi, talvolta legittimi tal volta meno, provenienti da una collettività composita.
     Concordo con te (l'avevo anzi premesso nella mia prima lettera) nel rilevare che il disastro urbanistico di Casoli non può essere ascritto all'attuale amministrazione, ma è colpa di tutte le amministrazioni che si sono succedute da venticinque anni a questa parte; precisando però che tali amministrazioni sono state tutte democristiane, e tutte anzi della stessa corrente della democrazia cristiana. Non si deve quindi andare molto lontano per trovare i responsabili della situazione.
     Passando ora alle contestazioni, in primo luogo, non parlerei di «gratitudine» per l'operato degli imprenditori, i quali hanno caoticamente costruito i loro palazzoni non certo per alleviare la disoccupazione nè per dare al paese un certo numero di appartamenti, ma unicamente per conseguire il loro profitto, del tutto incuranti della estetica cittadina e della praticabilità dei loro stessi condomini. Sarebbe ingenuo però ed anche ingiusto prendersela con loro: gli imprenditori fanno gli imprenditori, perseguono cioè, come tutti nella nostra deprecabile società, il loro utile, anche se i loro affari possono risultare per il bene pubblico più pregiudizievoli di quelli di altri operatori economici. Era invece dovere della pubblica amministrazione, a tutti i livelli, impedire che gli interessi degli imprenditori avessero a Casoli libero gioco, come se Casoli fosse una giungla, e quindi intervenire, disciplinare, misurare, vietare.
     In secondo luogo vorrei dire che il fronte «conservatore», quello che si oppone alla costruzione dei grattacieli, allo spianamento di tutte le gradinate, alla installazione di accecanti lampadine, è parecchio più ampio di quello che tu forse immagini, e la quantità di adesioni ottenute dalla mia lettera può costituirne un indizio. Il fatto è che nel tuo gabinetto di sindaco vengono a perorare cittadini «modernisti», quelli che vogliono muovere l'amministrazione nella direzione da loro voluta, e tu quindi, di necessità, solo quelli conosci. A me risulta però che molti altri cittadini, in parte appartenenti anch'essi a quei ceti popolari che ci stanno a cuore, non gradiscono certe trasformazioni modernizzanti che pure si fanno nella convinzione di giovare a tutti. Per esempio, se tu avessi fatto un referendum tra le dodici famiglie interessate allo spianamento delle gradinate di Via Laudadio e Via Tarpeia (ultimo fatto urbanistico del e. d. centro storico) avresti scoperto che i favorevoli allo spianamento erano in minoranza. E così anche per la collocazione dei famigerati riflettori nei vecchi quartieri: a tè vengono coloro che vogliono l'estensione del beneficio ai loro vicoli, a me invece uno mi diceva che la notte dorme male perché non riesce a sbarrare il passo a quella divorante luce; un secondo mi diceva di avere, di soppiatto, sostituito con mite lampadina il feroce proiettore; un terzo mi diceva argutamente di non avvertire la necessità di mettersi a cercare aghi per strada proprio di notte.
     In terzo luogo c'è qualcosa che il Comune (e tu in particolare che sei sensibile a queste cose) può fare senza aggravare di spese ne le casse pubbliche ne i portafogli privati, ovvero aggravandole solo di poco. Per esempio può sistemare e rendere funzionanti le due antiche fontane pubbliche insieme ai fontanini in paese e alle fonti di campagna; può vietare nei fabbricati certi intonaci troppo squillanti, certi tipi di rivestimento finti, certe deprimenti ringhiere; imporre di restaurare qualche facciata e di completare certi fabbricati, a cominciare da quello del Municipio; favorire gli archi e le persiane, incoraggiando così l'artigianato; meglio disciplinare il traffico e la sosta degli autoveicoli, consentendo più spesso di passeggiare in Viale Umberto e alle persone nelle case di parlare e di riposare (l'uso smodato e vessatorio che si fa dalle automobili, specie all'interno dei piccoli centri, è uno dei principali fattori di degradazione urbanistica); preservare l'integrità della Villa Comunale e di ogni residuo spazio verde. Eccetera.
     In quarto luogo vorrei dire che la preoccupazione nostra non è quella di conservare, lasciando tutto immutato, i nostri personali ricordi della Casoli del passato, di imbalsamare le nostre nostalgie di uomini che hanno lasciato la giovinezza alle spalle. Una pretesa del genere sarebbe inumana, anche perché a un certo punto potrebbe includere la nostalgia di vedere bambini scalzi e macilenti, uomini e donne sfiancati dalla fatica per una misera mercede, abitazioni simili a tane, tutte cose ben presenti nella nostra infanzia, nella Casoli classista e fascista degli anni trenta.
     Non si tratta dunque di serbare intatti certi nostri ricordi. Si tratta invece di salvaguardare per tutti un modo di vivere meno disumano di quello che la tecnologia, congiunta al consumismo e alla logica del profitto, vuole imporci; si tratta di far progredire il nostro paese (e tutti gli altri luoghi del mondo) a misura d'uomo e non nella misura dilatata che è stata resa possibile dal progresso tecnico e che oltre un certo segno diventa fine a sé stessa e anzi dannosa. Si tratta di non cancellare la storia di Casoli, rendendo sempre evidente alle generazioni che si susseguono che questo paese non è sorto ieri, come un provvisorio accampamento ai margini del deserto, ma ha, appunto, una storia, una sua modesta vicenda che si è svolta nei secoli e che la stratificazione urbana rende tangibile, una età cui la nostra vita aggiunge altri anni. Per quanto è possibile si tratta infine di conservare - questa è veramente una cosa da conservare - la bellezza del mondo, come paesaggio naturale e come paesaggio urbano, anche in questo cantuccio.

Cordialmente,

Lanciano, 8 ottobre 1974

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Inserito da Carmen il 18/11/2007 alle ore 12:11:17 - sez. Beni culturali - visite: 7868