Gli ospedali abruzzesi saranno solo 8: quelli dei 4 capoluoghi (L'Aquila, Pescara, Chieti e Teramo) più Lanciano, Vasto, Sulmona ed Avezzano. Qualcuno aggiunge anche Ortona, ma il rischio della sua chiusura è ancora alto
In Abruzzo rimarranno solo 8 ospedali
di Sebastiano Calella
Tutti gli altri ospedali saranno “tagliati”, cioè
riconvertiti o proprio chiusi o dismessi o venduti.
Il tutto rientra in quel grande progetto di abbattere le spese della sanità
e razionalizzarle a causa della voragine del bilancio creata da sempre da
sprechi e politica scriteriata quando non corrotta.
Oggi, tocca solo decidere chi lo deve far sapere: il presidente Gianni Chiodi,
l'assessore regionale alla sanità, Lanfranco Venturoni, o il Commissario
governativo, Gino Redigolo.
L'annuncio slitta così di mese in mese, mentre da Roma il Ministero spinge per
l'attuazione del Piano di rientro dal debito che non è stato rispettato e che
proprio con la chiusura dei piccoli ospedali potrebbe far registrare
un'accelerazione dei risparmi. Troppe, infatti, le spese fisse, troppi gli
appalti, troppo il personale disperso sul territorio mentre i grandi ospedali
sono in crisi proprio per la carenza di organici.
Un gruppo di lavoro sta operando in gran segreto tra l'Agenzia sanitaria e gli
uffici dell'assessorato regionale per arrivare ad una soluzione che non provochi
la rivoluzione in tutti quei centri che ospitano i piccoli ospedali e che
proprio il centrodestra aveva difeso, vincendo pure le elezioni per questa
difesa ad oltranza dei diritti dei cittadini di avere un'assistenza ospedaliera
locale.
Mentre si decide chi dovrà fare il grande annuncio, la soluzione però sembra
trovata e pronta per essere scodellata agli abruzzesi, distratti dal terremoto e
dalle prossime vacanze estive.
La parola magica è: accreditamento.
Cioè tutti gli ospedali, per funzionare come si deve, dovranno avere tecnologie,
strutture e organizzazione come stabilito dal Dpr 14/01/1997.
Si tratta cioè di trasformare gli ospedali italiani - e abruzzesi in particolare
- in Ospedali con la maiuscola.
Il che sarà difficile già per i grossi plessi ospedalieri, figuriamoci per i
piccoli. D'altra parte basta andare sul sito dell'Asr per trovare il manuale per
l'accreditamento preparato già da due anni ad opera delle vecchia Giunta
regionale.
Che la cosa sia nota agli addetti ai lavori ed ai politici, lo dimostra l'ultima
sortita di Franco Caramanico (Pd), già assessore con Del Turco, sceso in campo
in questi giorni a difesa dell'ospedale del suo paese (Guardiagrele), mentre in
passato, da assessore, era sembrato più morbido.
In campo avverso e cioè tra la maggioranza già ci sono dichiarazioni, come
quella del consigliere Emilio Nasuti che parla di «cambiamento di prospettiva
della sanità».
«Mentre prima era l'ospedale che andava verso il territorio – spiega
Nasuti – adesso è il cittadino che si vuole rivolgere al centro più
attrezzato piuttosto che all'ospedale di periferia. Anche se – continua –
bisognerà prendere atto che in alcuni reparti di piccoli ospedali, vedi
l'Ortopedia di Atessa, ci sono eccellenze da salvare».
In questo caso, con i tagli previsti, che si fa?
Un centro ortopedico regionale oppure si sposta semplicemente il primario in uno
degli 8 ospedali che restano?
Nel silenzio delle Istituzioni, va però avanti il piano per l'accreditamento,
con tutte le possibili conseguenze del caso.
Speranze di salvarsi per Casoli, Gissi, Pescina, Tagliacozzo, Atri, Penne,
Giulianova ecc.?
Pochissime in realtà, se si pensa che con il decreto Abruzzo sono saltate -
e non se ne parla nemmeno più - le due aziende ospedaliere universitarie
autonome, fortemente volute all'epoca della Giunta Pace e dell'assessore Vito
Domenici.
E' tutto vero o siamo su scherzi a parte?
Fonte:
www.primadanoi.it