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6 agosto 1945. A Hiroshima una bomba da 200 mila morti istantanei
Anniversario del bombardamento atomico sulle due città giapponesi. Un vero e proprio crimine di guerra compiuto dal Presidente Truman ma mai riconosciuto come tale

A Hiroshima una bomba da 200 mila morti istantanei

di Fulvio Lo Cicero

La guerra era finita in Europa, con la morte di Adolf Hitler (30 aprile 1945) e la dichiarazione di resa firmata ai primi di maggio dall’ammiraglio Karl Doenitz, ma non in Asia, dove il Giappone, alleato dell’Asse, non aveva alcuna intenzione di deporre le armi. Al contrario, il governo militare avrebbe continuato le ostilità contro gli americani fino all’ultimo uomo e lo stesso Esecutivo aveva ripristinato la legislazione di guerra bellica in base alla quale sarebbe stato passato immediatamente per le armi qualsiasi persona che avesse intavolato trattative di pace.

L’esercito di Washington aveva prospettato un attacco risolutivo, che si sarebbe dovuto concludere con l’invasione dell’isola del Sol levante. Ma le incognite erano notevoli. La stessa conformazione del Paese, con centinaia di piccole isole ed enclavi, davano la possibilità ai “gialli” di impegnare l’esercito americano per lunghi mesi. Ci voleva una soluzione diversa, rapida, in grado di impedire qualsiasi ulteriore volontà bellicista del Giappone.

La bomba

Delle possibilità che una radicale scissione del nucleo atomico nell’uranio 235 e nel plutonio 239 potesse innescare una potentissima reazione a catena, con l’erogazione di un’energia distruttiva, superiore decine di migliaia di volte a quella di una normale bomba e che soprattutto gli americani erano in grado di racchiudere questo meccanismo in una bomba di circa un metro di lunghezza, Henry Truman non ne sapeva assolutamente nulla quando, il 12 aprile 1945, essendo Vicepresidente, prese il posto di Franklin Delano Roosevelt. Gli esperimenti per la messa a punto della “bomba”, infatti, erano restati segreti a Los Alamos, dopo l’avvio del cosiddetto “Progetto Manhattan”. Il nuovo Presidente fu messo al corrente del fatto che l’esercito americano era oramai dotato di un ordigno micidiale, il cui impiego, da solo, avrebbe potuto mettere in ginocchio qualsiasi potenza militare.

Le ricerche sulla costruzione della bomba atomica erano andate avanti a ritmo concitato lungo tutto il biennio 1944-45, dopo che i servizi segreti americano e inglese aveva allertato gli Alleati sulla possibilità che i laboratori nazisti potessero vincere la gara per la messa a punto del nuovo ordigno. Hitler, in realtà, aveva sovente cullato il sogno di possedere per primo questo strumento, parlandone chiaramente con i suoi generali ma, per fortuna di tutta l’umanità, si trattò pur sempre solamente di un sogno. I fisici tedeschi non riuscirono a mettere a punto in tempo il processo di controllo della scissione dell’atomo, trasformandolo in un’arma risolutiva.

Lo scoppio su Hiroshima

Così, toccò a Truman prendere una decisione terribile. Quella di utilizzare per la prima volta la “bomba” in una guerra e contro la popolazione civile. A Los Alamos, il 10 maggio, in una riunione operativa dei militari, si decise che i possibili obiettivi della spedizione dovessero essere: Kyoto, Hiroshima, Yokohama, o gli arsenali militari di Kokura. Per la verità, la prima scelta fu Kyoto, la città intellettuale giapponese, i cui cittadini avrebbero potuto visionare di persona i terribili effetti del nuovo armamento. La seconda scelta cadde su Hiroshima, a causa di un importante insediamento militare. Ma alla fine gli abitanti di Kyoto furono salvati dalla decisione di Henry L. Stimson, segretario di Stato alla guerra, di scartare la capitale culturale giapponese. La lista degli obiettivi rimase dunque la seguente: Hiroshima, Kokura, Niigata e Nagasaki. Ma l’obiettivo finale fu scelto in base alle condizioni meteorologiche. Poco prima del rilascio della bomba, infatti, un B-29 da ricognizione indicò al comando americano che nel cielo sopra Kogura vi erano molte nuvole, ciò che avrebbe impedito una visione netta dell’obiettivo da colpire. E fu così che il destino meteorologico sconvolse i cittadini di Hiroshima. Alle 8 del 6 agosto tre aerei, l’Enola Gay, The Great Artist e un altro, successivamente chiamato “Necessary Evil” (che aveva il compito di documentare fotograficamente l’evento) videro sotto di loro la città giapponese e, un quarto d’ora dopo, l’Enola Gay rilasciò il suo micidiale ordigno, “Little Boy”. La bomba scoppiò a circa mezzo chilometro di altezza, producendo un chiarore allucinante e un fungo di diciotto chilometri di altezza. Nulla di simile l’uomo aveva mai visto in vista sua. Hiroshima fu letteralmente rasa al suolo insieme a circa 200 mila persone, morte all’istante. Poco dopo cominciarono a scoppiare incendi in tutta la città che produssero una notevole colonna di fumo. Negli anni successivi morirono altre centinaia di migliaia di giapponesi, per le conseguenze delle radiazioni emesse dall’ordigno.

La reazione dei giapponesi

Alle 8,20, la stazione radio nazionale si rese conto che Hiroshima non trasmetteva più come avrebbe dovuto. Non si riuscì a comprendere quale fosse la ragione. Fu così deciso di inviare un aereo in ricognizione con il compito di appurare la causa di quella interruzione. Poco dopo il suo decollo, l’equipaggio dell’aereo poté rendersi conto semplicemente che Hiroshima non trasmetteva perché non esisteva più.

Nonostante con il passare delle ore i giapponesi si rendessero sempre di più conto dell’immane catastrofe nella quale il loro governo li avesse immersi, non ci fu un atto di resa immediata come il Presidente Truman forse sperava. Al contrario, i capi militari proclamarono la mobilitazione generale, anche perché l’esercito di Stalin stava muovendo le sue truppe per un’invasione della Manciuria, dopo aver ufficialmente dichiarato guerra al Giappone. Fu così che, ad appena tre giorni di distanza, scoppiò l’altro ordigno in uno
Il Presidente degli Stati Uniti Henry Truman
dei maggiori porti del Giappone, Nagasaki (9 agosto). Questa seconda bomba cadde nella Valle di Urakami, dalla quale Nagasaki era divisa da alcune colline di una certa altezza. Ciò, con tutta probabilità, produsse numero inferiore di vittime istantanee rispetto a Hiroshima, circa 40 mila.

Solo a metà agosto il comando militare giapponese si rese effettivamente conto che la guerra si sarebbe conclusa con la distruzione del Paese e, all’inizio di settembre, firmò la resa incondizionata. «Noi ordiniamo a tutte le Forze Giapponesi, in qualunque luogo si trovino e al popolo Giapponese, di cessare immediatamente le ostilità, conservare e salvaguardare da danni tutte le navi, aerei, militari e civili e di rispettare tutti le richieste che saranno imposte dal Comandante Supremo Alleato o da agenzie del governo giapponese sotto la sua direzione» era scritto nella dichiarazione di resa, con la quale i giapponesi accettavano tutte le condizioni poste da Stati Uniti, Cina e Gran Bretagna a Postdam il 26 luglio 1945. La guerra era finita anche per il Sol Levante e nel modo più drammatico. Dal giorno di Hiroshima e Nagasaki, i giapponesi avrebbero ripudiato la guerra in ogni sua forma e dedicato ogni loro energia alla ricostruzione, anche grazie alla cooperazione economica degli Stati Uniti, diventando uno dei Paesi più sviluppati del pianeta.

Il deterrente atomico

Il 6-9 agosto 1945 è diventata una data storica e, soprattutto, la data simbolo di tutti i movimenti pacifisti mondiali. Dopo il martirio delle due città giapponesi, non ci fu mai più un’altra esperienza di questo tipo, nonostante lo sviluppo della guerra fredda e il riarmo atomico fra Usa e Urss che ebbe il suo culmine con la contrapposizione dei missili a testata nucleare in Europa negli anni ’80 del secolo scorso.

Per quanto ben poche persone siano disposte ad ammetterlo, l’esistenza dell’armamento atomico impedì numerose volte lo scoppio di una III Guerra mondiale fra Occidente ed Urss. Ci si andò molto vicino con l’incidente della “Baia dei porci” a Cuba (17 aprile 1961), con la quale la Cia cercò di rovesciare Fidel Castro, sostenuto dai sovietici, con la conseguenza di provocare una pesante reazione a Mosca e con la radicale contrapposizione degli anni Ottanta fra Reagan e la dirigenza sovietica (prima Khrushchev, poi Cernienko e Andropov, prima del disgelo concretizzatosi con l’ascesa di Gorbaciov). Ma Usa e Urss, anche nei periodi di più aperto conflitto, si resero sempre conto che una guerra nucleare non avrebbe avuto vincitori. Paradossalmente, la “bomba” aiutò più a stabilizzare la pace che la guerra.

Fonte: www.dazebao.org

Inserito da Redazione il 06/08/2009 alle ore 14:44:20 - sez. Storia - visite: 5094