di Sebastiano Calella
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Si dice: non è vero che sono stati penalizzati
brutalmente Tagliacozzo, Pescina, Guardiagrele, Casoli e Gissi. Questi
ospedali sono stati «riconvertiti».
Sarà pure una parola più rassicurante e che suona meglio rispetto a
“chiusura”, ma i numeri che nasconde non sono meno drammatici, anche se
sono passati sotto silenzio.
Infatti, l’attenzione è stata polarizzata sulla parte “destruens” del
Piano sanitario, cioè sulla scomparsa dei piccoli nosocomi. E pochi sono
andati a leggere la seconda parte del Piano (quella “costruens”), cioè
le proposte e le esemplificazioni di come deve funzionare la sanità
nell’ottica ragionieristica ed efficientistica - peraltro apertamente
dichiarata - del Commissario ad acta, il duo Chiodi-Baraldi. Basta
andare oltre le prime 50 pagine del Piano, quelle più lette. Dopo
una breve nota che spiega i problemi che il terremoto ha creato
all’assistenza sanitaria in Abruzzo, è l’allegato 2 che fa
comprendere con quale spirito e con quale metodo è stata creata questa
rete assistenziale (si fa per dire …): si punta al risparmio e si
dimentica assolutamente la sanità.
Schemi, tabelle riassuntive, calcoli, statistiche:
nemmeno una parola di medicina, di malattia, di assistenza
socio-sanitaria. C’è invece una dichiarazione d’intenti chiarissima:
«la valorizzazione degli interventi si basa sulla stima dei costi
cessanti, cioè della quota dei costi che le Asl non dovranno più
sostenere per gli ospedali riconvertiti».
«Costi cessanti». Gli ospedali chiusi di Tagliacozzo, Pescina,
Guardiagrele, Casoli, Gissi sono solo questo: una definizione
ragionieristica, senza una parola per malati, medici e infermieri
trasferiti e per il loro carico di disagi umani. E soprattutto
silenzio assoluto su come l’assistenza sanitaria sarà erogata. O
meglio, qualche parola sull’argomento c’è e smaschera definitivamente
cosa viene offerto ai cittadini abruzzesi tutti, delle zone interne in
primis colpite direttamente e poi delle zone costiere, dove gli ospedali
si intaseranno ancor di più per far fronte alle richieste disattese di
sanità.
IL GRANDE BLUFF DEI PRESIDI TERRITORIALI CHE SOSTITUISCONO GLI
OSPEDALI CHIUSI
Pagina 53, specchietto per il funzionamento di una Rsa (residenza
per anziani) con 60 posti letto: basta un personale di 47 unità, di cui
un medico soltanto su 24 ore, giorno e notte, e 16 infermieri su tre
turni (5 alla volta per 60 ricoverati). Pagina 54, Struttura di
riabilitazione ospedaliera di 60 pl: personale in servizio 56 unità,
sempre un solo medico in servizio per 24 ore. Presidio territoriale h24:
bastano 30 dipendenti, di cui 5 medici e 16 infermieri in tutto, sui tre
turni di una giornata. E’ questa la nuova assistenza sanitaria e non
sembra affatto sufficiente a rimpiazzare gli ospedali chiusi. Una
situazione allarmante e poco conosciuta, visto che i Pt, i presidi
territoriali, sono stati spacciati come degni sostituti, addirittura
migliorativi, degli ospedali chiusi. E poi si continua su questa linea:
tagli alla spesa farmaceutica, blocco parziale delle assunzioni,
pensionamenti.
Risparmio totale ipotizzato: i costi finali saranno meno della metà di
quelli attuali. Un trionfo contabile autoreferenziale (“ma quanto siamo
bravi a risparmiare”) mentre nulla si dice dell’assistenza sanitaria.
Cioè il Piano, per sua ammissione chiarissima, è un esercizio di
contabilità dove la sanità non c’entra. Forse per questo le proteste di
sindaci e popolazioni contro le chiusure non raggiungono il bersaglio e
non sono ascoltate: parlano linguaggi diversi, su piani completamente
differenti. La Regione pensa ai soldi e ai costi cessanti, sul
territorio quella che cessa è l’assistenza sanitaria, che è tutt’altra
cosa. Ma Chiodi (come scrive il Giusti in Sant’Ambrogio) «in
tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato».
Fonte:
primadanoi.it del 13-09-2010