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Quattro chiacchiere con Domenico Lannutti
Il giovane comico di Piane d'Archi che vive e lavora a Bologna

Quattro chiacchiere con Domenico Lannutti

Contadino, mozzo, venditore ambulante, cameriere, venditore di spazi pubblicitari, alla fine il comico. Quattro chiacchiere il libertà con Domenico Lannutti che dice: "La vita è un’esperienza troppo importante per essere vissuta seriamente… ti faccio un esempio: l’occidente ha sempre "esportato civiltà” con le guerre e se uno si dovesse soffermare su questo concetto si accorgerebbe di trovarsi di fronte a un’assurdità, e alla fine ride...".

Intervista a cura di Anastasia Cipolla

Bologna, 30 luglio 2006, ore tre del pomeriggio. Caldo asfissiante. Domenico Lannutti sale i cento e sette gradini di casa mia con passo spedito, arrivato in cima mi fa: “Ma io qua c’ero già stato, non sai quante volte!”. Complice forse il caldo, col giovane comico abruzzese non c’è stato ghiaccio da rompere!

Ho letto sul tuo curriculum che hai fatto il contadino, il mozzo, il venditore ambulante, il cameriere, il venditore di spazi pubblicitari, ti sei laureato in economia e commercio e hai fatto anche il formatore, ma come sei finito a fare il comico?
Ho iniziato iscrivendomi a un corso di teatro a Bologna, quando ero all’università, trascinato da un gruppo di amici convinti che la mia faccia avrebbe potuto darmi da vivere. Poi per chi ne volesse sapere di più c’è sempre il mio sito internet www.domenicolannutti.net con annesso cv.

Da dove nasce la tua passione per un genere così specifico come il comico?
La vita è un’esperienza troppo importante per essere vissuta seriamente… ti faccio un esempio: l’occidente ha sempre "esportato civiltà” con le guerre e se uno si dovesse soffermare su questo concetto si accorgerebbe di trovarsi di fronte a un’assurdità, e alla fine ride, amaramente, ma ride di tutto ciò. Quindi alla fine il riso, in qualche modo è come se ci rendesse consapevoli di quello che è l’uomo, ossia ogni volta che ridi è come se vedessi la vera essenza della vita, con tutte le sue contraddizioni, paradossi e sfaccettature belle e brutte. Ogni volta che noi ridiamo celebriamo la vita, affermiamo che il nulla non esiste. Quando uno ride si nega, si supera, si annulla, vengono meno i concetti di spazio e di tempo. Nella risata si è nell’atto… è una cosa meravigliosa, no?.

Quindi nel ridere e far ridere è in atto un processo di rigenerazione continua?
Certo, e allora perché si dice mi ha fatto morire dalle risate? Durante uno spettacolo comico ogni volta che si ride si muore e si rinasce. Uno spettacolo comico è una carneficina. Mia nonna diceva: ogni volta che uno ride toglie un chiodo dalla bara.

Quanto è gratificante far ridere la gente?
Lo spettacolo è un momento di condivisione meraviglioso, il comico lo fa con il pubblico e non per il pubblico, è come fare l’amore tutti assieme e tu sei lo sciamano, lo strumento tra le energie del cosmo e le persone che ti stanno di fronte, sei il prete di questa messain scena che esorcizza l’assurdità della vita. Il comico ci fa ridere delle nostre imperfezioni, dei nostri fantasmi, delle nostre brutture, ma se è vero che la bellezza è l’armonia delle imperfezioni, uno spettacolo comico, è la messa della bellezza. Se fosse per me farei finire le messe con la frase: scambiamoci una risata di pace!.

Hai dei modelli, dei tuoi riferimenti stilistici?
Da Aristofane a Beppe il pazzo che frequenta il bar sotto casa mia.

Sul tuo sito si legge: nella vita non è importante trovare quanto cercare con calma; e comunque vada meglio essere schiacciati dall’evidenza che da un tir, è meglio essere schiacciati dal dubbio che da Mike Tyson, è meglio essere divorati dalla passione che da hannibal, ma soprattutto è meglio essere avvelenato dal sospetto che da una cozza andata a male; sembra essere una tua elaborazione di ciò che si può genericamente definire “pensiero orientale”, o sbaglio?
Tutto è bene così com’è, il mondo con le sue mille sfaccettature, con le sue contraddizioni, i suoi paradossi; è vero che la comicità in qualche modo deve spiegare la vita, ma come? Il comico in fondo che fa? Prendiamo un fiore, il comico ti fa vedere il fiore sotto un altro punto di vista, un colore che non hai visto, ti fa sentire un profumo che tu non hai sentito, ti fa avere un impressione diversa di quel fiore… ti fa vedere l’invisibile.

Esiste una scuola comica milanese, una napoletana, una romana, una toscana, una genovese, ma esiste una scuola comica abruzzese?
Certo, il capostipite è sicuramente Germano D’Aurelio, in arte ‘Nduccio, lui è sia comico che cantautore comico, ha iniziato a spacciare buonumore per le piazze abruzzesi nel lontano 1973, e lo fa tuttora con notevole successo, l’affluenza ai suoi spettacoli lo testimonia. Ma prima di lui, abbiamo altri due esempi di rappresentanti della comicità abruzzese: Achille De Cecco che ha inciso un 78 giri dal titolo Un abruzzese a Roma e Virgilio Rienti, che ha affiancato Totò in Totò a colori. Dopo ‘Nduccio sono arrivati altri comici: Gabriele Cirilli, Vincenzo Olivieri, Tony Russi, Marco Papa, Domenico Turchi, Angelo Carestia, Ivaldo rulli. E poi c’è il gruppo di Comici sotto un ponte, nato da un idea di Marko Ferrari che vuole proprio affermare l’esistenza di questa scuola abruzzese del comico. Il gruppo è formato da Marko Ferrari, Fulvio Fuina, Max e Andrea, Federico Perrotta, Walter Nanni, non dimenticando il sottoscritto e compagnia bella, tanto per non dire: spero di non aver dimenticato nessuno.

Secondo te si possono stilare delle caratteristiche tipiche della comicità abruzzese?
Rispetto a questa domanda è come fare la caccia alle farfalle, però di sicuro ci sono degli ingredienti tipici della ricetta nostrana… sicuramente la poesia, la genuinità, il grottesco, il richiamo alla tradizione contadina e poi... chi più ne ha più ne metta!.

Quali sono i limiti più grandi che un aspirante attore abruzzese deve affrontare? Sempre se vi siano dei limiti.
A questo non posso rispondere perché da quando 10 anni fa ho iniziato a fare questo lavoro, come per magia, non ho mai incontrato nessun tipo di difficoltà.

Pensi che si possa fare qualcosa per incentivare, sui generis, la cultura teatrale in Abruzzo?
Sicuramente. Come dice Domenico Lannutti i soldi che spendi per la cultura non li spendi per l’ignoranza e il tempo che spendi per ridere non lo spendi per piangere. Questo per dire che il tempo e i soldi che spendi per incentivare le attività teatrali non sono mai troppi, perchè se è vero che siamo quello che mangiamo, con tutti e 5 i sensi dovremmo cercare di nutrirci il meglio possibile. E in questo le istituzioni ci possono aiutare.

Cinematograficamente il tuo nome è legato a quello della giovane casa di produzione Beka films di Francesco Pappalardo e devo dire che, per il tipo di produzioni di cui si occupano, il connubio con la tua comicità è perfetto.
Si è vero, la Beka film è una realtà del cinema italiano totalmente originale e indipendente. Con loro ti puoi permettere cose che con altri non puoi fare, trattare contenuti in modo libero. Ci si diverte molto con Francesco, e i registi Melo Prino e Ila Beka. Ila si è inventato il “millimetraggio” (se vi interessa l’argomento c’e sempre il sito www.bekafilms.it ) ed è anche il regista di “Quodlibet”, il primo lungometraggio della beka films in cui ci sono anch’io".

Dopo l’uscita del pluripremiato cortometraggio Buongiorno di Melo Prino di cui sei protagonista assoluto, e per cui hai anche vinto un premio personale, la tua notorietà è cresciuta?
Questa mi sembra proprio una domanda alla Marzullo! Io quando lo vedo in Tv immagino che a un certo punto impazzisca si denudi e con gli occhi da folle cominci a fare delle domande alla telecamera e a tutti gli spettatori a casa, del tipo: se un vegetariano gioca a scacchi come fa a mangiare il cavallo?; se uno nasce sfortunato con la chirurgia plastica si può rifare il culo?

Ma ti riconoscono per strada, si o no !?
Ma ridere aiuta a vivere o vivere aiuta a ridere?

Ecco: ti sei fatto una domanda, ora datti una risposta!
Lao Tze diceva: "appena ti fabbrichi un pensiero ridici sopra, e per chiudere scambiamoci una risata di pace!".

E dopo tante belle risate che Domenico davvero non manca di regalare, ci salutiamo. Un po’ dispiace, ma ci si sacrifica volentieri: Lannutti scappa verso un nuovo palcoscenico, dove incanterà molte più persone alla ricerca di rigeneranti e catartiche risate.

Inserito da Redazione il 05/08/2006 alle ore 16:08:03 - sez. Interviste - visite: 8460