Se il disabile grave ha una età
compresa tra i 18 e 64 anni, capacità di autodeterminazione e chiara
volontà di gestire in modo autonomo la propria esistenza e le proprie
scelte, può assumere egli stesso degli assistenti personali, individuati
e formati direttamente: è
ovvio che, per realizzare tali progetti di Vita Indipendente, occorrono
dei fondi pubblici con cui il disabile grave possa assumere regolarmente
gli assistenti personali da lui individuati. A partire
dal primo dicembre 2010, la
mia Comunità Montana,
con fondi della Regione Abruzzo per i disabili -abruzzesi,
naturalmente!-, finanzia un mio semplice progetto di
Vita Indipendente per un anno a 900 euro mensili.
Con tale somma mensile, ho potuto assumere una unica
assistente per 26 ore settimanali sole, purtroppo.
Dico purtroppo, perchè le mie esigenze assistenziali sono maggiori, e
al di più provvedono i miei familiari come sempre.
Tuttavia, a parte questo, sono
molto più preoccupato, ansioso, depresso di prima, perchè penso: se non
fossi stato un po’ informatico per forza, nonostante la mia infernale
vita con la sindrome di lockedin, non avrei potuto dimostrare la mia
capacità di autodeterminazione; di conseguenza non avrei potuto
usufruire dei fondi per la Vita Indipendente.
Cioè devo tutto ad un computer: la mia realtà è un PC! E ciò è
sconvolgente, poichè la realtà vera è ben altro che un computer.
E comunque, i disabili senza PC, o senza
autodeterminazione, o con età maggiore di 64 anni, non sono lo stesso
persone che hanno diritto ad una assistenza il più dignitosa possibile?
Mi pongo questa domanda e mi viene una paura tremenda che mi sembra di
impazzire, perchè penso di nuovo: se non muovessi
nemmeno la testa, cosa ne sarebbe di me, visti i miei occhi fissi e
visto che sono tetraplegico e muto?
E ho ancora più voglia di scomparire subito. E poi, sono 13 anni che
sono assistito da una cooperativa e ora devo autogestirmi. Sono molto
preoccupato e ansioso per questo, come mia madre.
Infatti penso e pensiamo sempre: ce la faremo?
E se l’assistente si ammala, e la sostituta è
indisponibile? Dovrà provvedere da sola mia sorella Gianna? E se non ce
la fa da sola? Troppe domande senza risposta: la testa mi scoppia, la
depressione è infinita e la voglia di morire subito è tanta.
In ogni
caso, ritengo che la Proposta di Legge di cui anche parlo in un articolo
pubblicato da
Notizie Radicali il 26 ottobre scorso, sarebbe la cosa migliore.
Riporto di seguito tale articolo nella sua forma originale ipertestuale:
Il
presente scritto, potreste anche ascoltarlo, ma lo sentireste con una
voce femminile, e vi spiego perchè: nella primavera scorsa, la mia
fisioterapista mi diede
un link per ascoltare quello che scrivevo; provai la relativa demo
del comunicatore vocale con voce maschile varie volte, e alla fìne mi
decisi ad acquistare il prodotto tedesco, soprattutto perchè costava
solo 50 euro circa; purtroppo non ho carta di credito, ed ho dovuto far
fare un bonifico bancario; due giorni dopo, ricevuta la somma dovuta, la
Società germanica mi inviò una email con la fattura in PDF e il link per
scaricare il prodotto; nonostante però la demo fosse pure con voce
maschile, il prodotto aveva solo due voci femminili; leggemmo bene le
condizioni d'acquisto e scoprimmo che per avere la voce maschile, e
altre migliorie, bisognava pagare ben 500 euro. Decisi così di tenermi
ben stretta la voce femminile, ma mi chiedo e vi chiedo: non dovrebbe
essere una terapista occupazionale, anche informatica, a preoccuparsi
della mia comunicazione vocale,
figura professionale questa che sembra non esistere nelle ASL italiane?
Si, sono
più di 13 anni che sono a casa, ma non ho visto mai una terapista
occupazionale, anche informatica, né ho mai ricevuto assistenza
informatica ufficiale, nemmeno nei momenti topici! Ovvero, ad esempio:
quando ho problemi col computer, e quando devo passare ad un S O,
acronimo di sistema operativo, successivo di Windows. In questi casi,
devo ricorrere a mio cognato Gianni, o al mio tecnico informatico
privato Marco. E ciò è di una gravità inaudita, perchè io, senza il
computer, esisterei solo per la mia famiglia. E' vero che, nell'agosto
2006, la Regione Abruzzo ha varato una Legge che prevede un rimborso
massimo di 3000 euro per gli acquisti informatici, non previsti dal
Nomenclatore, di noi disabili abruzzesi, ma tale Legge ha un grosso
limite temporale: essa, infatti, prevede che, una volta usufruito del
rimborso massimo di 3000 euro, il disabile debba far passare tre anni
per aver di nuovo diritto ad usufruire di una tale somma. Mi spiego
meglio con un esempio personale: un mese fa, per la terza volta dal
2006, ho chiesto un rimborso con il quale arrivo ai 3000 euro previsti
dalla Legge regionale; potrò chiedere il prossimo rimborso, quindi, solo
a partire dal primo gennaio 2014.
Quando
ho spiegato tutto ciò a Marco, lui mi ha detto: “Nel tuo caso
soprattutto, una cosa del genere è inammissibile: e se tu avessi bisogno
del rimborso prima del 2014? Io, ad esempio, quanto prima vorrei farti
passare al sistema operativo Mac: vedrai che ti troverai molto meglio,
ti riposerai e mi ringrazierai!”. Io avrei voluto dirgli: caro Marco,
sono stufo di rincorrere sistemi operativi, soprattutto senza l'aiuto di
nessuno dello Stato; ciò vuol dire che troppe volte mi sono già dovuto
preoccupare io stesso della compatibilità della mia tastiera su schermo
con emulatore di mouse con i vari S O; senza parlare dei troppi
programmi che ho dovuto studiare da solo; tu e Gianni avete pure
provveduto a dotare questo computer di una scheda tv notevole, tanto che
da molti anni posso vedermi digitale satellitare, terrestre e
televisione analogica sul desktop; se non c'eravate voi due con mamma,
papà e sorella, la mia vita sarebbe infinitamente infelice, poiché lo
Stato è in sostanza assente per me. Comunque, se i miei ausili
informatici e la mia televisione virtuale fossero compatibili con Linux,
starei sempre col medesimo sistema operativo gratuito, e la Regione
risparmierebbe assai. Eppure, nonostante io debba molto ma molto alla
informatica, e che tuttora non possa fare a meno del pc, dopo 12 anni di
esso, vorrei, caro Marco, non aver più bisogno del computer! Si, vorrei
scomparire dalla faccia della terra quanto prima, perchè la vita non è
la virtualità di Internet, ma ben altro: essa è abbracciare le persone
care, amare una donna, mangiare un bel piatto di spaghetti, bere un po'
di vino, farsi almeno una doccia al giorno e così via. Insomma, vorrei
vivere davvero o scomparire per sempre.
Nel
nostro Paese, poi, non è solo l'assistenza informatica per noi disabili
ad essere inesistente o molto carente, ma anche la nostra assistenza
domiciliare. Parliamo di quella dello scrivente, ad esempio: la mia ASL
mi fornisce pannoloni, traverse di plastica, sacche per la pipì,
urocondom, dei farmaci, la costosa sedia elettronica e, da due anni,
degli integratori alimentari, poiché stavo dimagrendo troppo; tuttavia,
alcuni medicinali e altro per me, sono a carico mio e di mia madre.
Inoltre vedo di rado medici a casa, pure quando vengono richiesti dai
miei familiari. Faccio un esempio recente: su una segnalazione di essi,
il mio medico ha richiesto un elettrocardiogramma per me; ma, tale
esame, i Sanitari della ASL, dicono che possono farmelo solo nel locale
ambulatorio, a cui mi porterebbero con l'ambulanza. Tutti sanno che io
non esco quasi mai e che è una impresa trasportarmi: non sarebbe quindi
più facile e meno costoso farmi l'elettrocardiogramma a casa? Comunque,
in ambulatorio non andrò mai, e a casa non è venuto nessuno,
ufficialmente però!
Poi,
fino ad ora, ho solo 13 ore settimanali di assistenza comunale tramite
una cooperativa sociale del luogo; tuttavia, da questo anno, la Regione
Abruzzo finanzia dei progetti di Vita Indipendente per un importo
massimo di 900 euro mensili; nella mia Comunità Montana, hanno pensato
di valutare i progetti eventuali di tre disabili, ed io sono uno dei
tre; infatti, sono si un disabile gravissimo con la sindrome di
locked-in, ma sono ancora in grado di autodeterminarmi, soprattutto
grazie alla informatica; però, con 900 euro mensili, posso pagare, con
tutti i contributi, una unica assistente personale per 26 ore
settimanali, che sono ancora poche. Per rendersi conto di ciò, basta
leggere LA MIA GIORNATA TIPO in
pdf: ma, al di là della assai maggiore assistenza che la mia vita
infernale richiederebbe, essa mi è ormai insopportabile, e spero che
termini molto presto con la scomparsa dello scrivente. Ciò nonostante,
alcuni miei amici abruzzesi, hanno insistito perchè io presentassi un
progetto, come ho da poco fatto, e questo per due motivi: 26 ore sono il
doppio di 13, ma, soprattutto, è la prima volta che la nostra Regione va
in una direzione più giusta per i disabili. Quindi, sempre secondo i
miei amici, non potrà che andare meglio in futuro: comunque, io spero
che futuro non ci sia per me, poiché ribadisco che la mia vita
infernale mi è ormai insopportabile.
Tuttavia, secondo me, la Vita Indipendente ha due limiti: considera solo
i disabili tra i 18 e i 64 anni, e coloro che possono autodeterminarsi.
E quelli che non hanno tali caratteristiche? Ecco perchè sono molto
favorevole alla
MOZIONE PARTICOLARE SULLA DISABILITA' E ASSISTENZA del Congresso del
2009 della Associazione Luca Coscioni, che, al primo punto, individua
quale una delle azioni prioritarie: “l’elaborazione di una proposta di
legge, dopo una attenta analisi quantitativa e qualitativa del
fabbisogno della platea delle popolazione disabile in Italia, volta ad
assicurare, attraverso forme assicurative pubbliche e private, un
sostegno di lunga durata (long term care, LTC) alla persona disabile sul
modello di quanto avviene in Germania e Francia.”. Per capire bene tale
punto della Mozione, è bene lèggere il Comunicato Stampa e la Relazione
Zuliani della
Commissione Disabilità di quel Congresso, nella sua riunione del 9
ottobre 2009. Si, per quanto da me ritenuto in questo paragrafo,
considero particolarmente interessante tutta la relazione del professore
Alberto Zuliani. Ne riporto comunque uno dei suoi punti importanti:
“Dovrebbe
essere costituito uno specifico fondo per garantire l’assistenza alle
persone disabili non coperte da assicurazione. Il fondo potrebbe essere
costituito ed alimentato da una sorta di “imposta di scopo” consistente,
ad esempio, nel corrispettivo di alcune ore di lavoro (comprensivo degli
oneri sociali), ogni anno da parte degli occupati. La rinuncia ad una
festività potrebbe rappresentare una soluzione per i lavoratori
dipendenti. Un contributo di questo tipo, con una destinazione che si
può presumere possa essere largamente condivisa, potrebbe risultare
accettabile.”. Mi auguro, quindi, che la suddetta Proposta di Legge
venga presentata quanto prima, ma che tenga pure conto degli anni di
disabilità, dei disabili viventi ovviamente, precedenti la futura Legge.
Di conseguenza, spero che l'ordinamento giuridico italiano abbia presto
una Legge del genere
Severino Mingroni