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Redazione il 13/12/2010 alle ore 09:07:10 - sez.
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Il maggiore Lionel Wigram
Quel Maggiore inglese amico di Ettore Troilo e dei partigiani abruzzesi
Il maggiore Lionel Wigram
di
Ezio Pelino
E’ noto che la Brigata Maiella fu una creatura di Ettore
Troilo. Ma pochi conoscono chi credette nella sua impresa e si battè con il
Comando inglese perché la riconoscesse e sostenesse. Il maggiore Lionel
Wigram. Tutti coloro che lo frequentarono sono concordi nel dire che era
un uomo straordinario. Di lui ci è rimasta una foto formato tessera che lo
mostra in divisa, pensoso, il volto da buono, il sorriso appena accennato
dietro le lenti tonde cerchiate d’oro. Era un avvocato londinese, non
un militare come lo volle la guerra. Aveva fatto buoni studi alla King
Edward VII School di Sheffield e alla Oxford University. L’emergenza bellica
lo aveva portato ad insegnare tattica per la fanteria nella Scuola di guerra
e , successivamente, era stato promosso istruttore capo.
Era una persona schietta, semplice e, nel contempo,
eccezionale per quel senso di umanità, per quella apertura verso gli altri
che gli faceva superare le barriere linguistiche e culturali e le forti
diffidenze nei confronti degli italiani, passati attraverso il velleitarismo
guerresco fascista, il limbo badogliano, la fuga del re, il crollo delle
istituzioni, la spaccatura del Paese. Lui va controcorrente, si fida degli
italiani. Si fida di quei contadini, di quei pastori, di quegli studenti che
odiano la guerra, che vogliono vivere in pace nella loro terra, che si ribellano
alle vessazioni, alle razzie di bestiame, agli eccidi tedeschi. Uno dei primi
caduti del Corpo volontari della Maiella, Donato Ricchiuti, di Lama dei
Peligni, studente universitario, nel suo prezioso diario, parla di Wigram con
entusiasmo, simpatia e commozione quasi filiale. Sono le parole dei grandi
momenti.
Il Maggiore torna dal Castello Masciantonio di Casoli,
sede del Quartier generale inglese, dove era andato, con Troilo, a perorare la
causa italiana. La speranza si è realizzata. Il riconoscimento è stato ottenuto.
Wigram porta l’annuncio: «Sopraggiunse dopo non molto il maggiore inglese.
Tornava dal comando di Casoli, i suoi occhi brillavano dietro i riflessi del
fuoco sulle lenti incorniciate di oro. Era evidentemente soddisfatto. Ci strinse
a tutti la mano, si congratulò, poi parlò: "Ragazzi, domani l’avanzata. Sono
sicuro che ogni sforzo porrete per la riuscita di essa. E’ essa che dovrà
condurvi alle vostre case; monconi di case, ma sempre vostri cari nidi
d’infanzia."
Parlava il suo cuore. Era corsa voce che era figlio di
madre abruzzese, per noi però era un fratello più che un comandante. Era il
propugnatore, era la fede di tutti, vero cuore di patriota, grande figlio
d’Inghilterra» .
Ettore Troilo, riconoscente, scrive nella premessa del
“Diario storico della Brigata Maiella”: «Nei primi mesi di gennaio, grazie
al vivo e fattivo interessamento del Maggiore inglese Wigram, ebbi la
soddisfazione di poter finalmente organizzare e costituire il Corpo dei
volontari della Maiella». Ha inizio così l’incredibile. L’avventura, anzi
l’epopea, di quel Corpo, che poi si chiamerà “Brigata Maiella”, che da Casoli
risalirà l’Italia, accanto agli alleati, oltre la linea Gustav, oltre la linea
Gotica, per entrare per prima a Bologna. I volontari non li unisce qualche
ideologia. Ma il tricolore e la volontà di battersi per l’Italia. Vogliono
vendicare i propri cari, difendere la loro terra, le loro case , sognano di
costruire un Paese libero e nuovo. Una sola opzione, di carattere istituzionale.
Vogliono la Repubblica. Si rifiuteranno di giurare fedeltà al re, ritenuto
corresponsabile con Mussolini del disastro dell’Italia. Per questo, non
porteranno sul bavero le stellette ma le mostrine tricolori e sul braccio lo
scudetto in cui campeggia la Maiella.
Il Maggiore, scrive lo storico Marco Patricelli, «era riuscito a fare qualcosa che andava oltre il rapporto
gerarchico: aveva instaurato un rapporto umano». Dopo alcuni scontri vittoriosi
in zona, il Maggiore volle attaccare una postazione strategicamente molto
importante, Pizzoferrato. Dall’alto della sua rupe si domina la valle del Sangro
e il passaggio per gli altipiani e per Sulmona. Chissà, forse egli pensava che
si sarebbe potuta così anche aprire la via verso Roma. Partono di notte, fra il
2 e il 3 febbraio ‘44. Sono quasi un centinaio gli italiani, venticinque gli
inglesi. Sarà una disfatta. Terribile. Il primo a cadere sarà proprio Wigram.
Colti di sorpresa, all’intimazione di resa, alcuni tedeschi alzano le mani , ma
uno spara colpendo il Maggiore, che prima di morire si preoccupa di dare le
ultime disposizioni. Cadono sul campo 13 partigiani, 7 sono feriti, 13 vengono
fatti prigionieri. Due i morti inglesi e un ferito. I tedeschi, pur vincitori,
accusano 20 morti. Difficile ricostruire puntigliosamente le fasi della
battaglia e ancor più difficile individuare gli errori. Gli esperti di cose
militari hanno attribuito al Maggiore improvvisazione, sottovalutazione delle
forze nemiche, e altro ancora. Ma non c’è dubbio che la sua morte repentina ha
deciso le sorti dello scontro. E certamente di questo non può essere
rimproverato. L’ufficiale, venuto settanta anni fa dall’Inghilterra, per
restituirci la libertà, non è più tornato in patria. Riposa nel verde cimitero
militare canadese di Ortona, accanto al mare Adriatico. La sua patria sarà, per
sempre, l’Italia. Aveva solo 38 anni, quel giorno della morte era il suo
compleanno.
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