di
Ezio Pelino
Il presidente della Repubblica ha ricevuto, il 4 novembre scorso, i
reduci della Brigata Maiella. Fra essi il più giovane. Ennio
Pantaleo aveva allora solo 14 anni, oggi si direbbe un bambino. A
quattordici anni è assurdo pensare di potersi arruolare. Ma se la
volontà è forte, si inventano bugie. Si dichiara di avere l’età giusta.
E in quelle circostanze di estrema emergenza non si sta a chiedere
documenti e a sottilizzare. D’altra parte, lui la guerra la conosceva
già e come lui la conoscevano persino donne e bambini, perché per la
prima volta nella storia la guerra non si faceva in trincea. Gli aerei
colpivano dovunque, portavano distruzione e morte senza fare distinzione
di età e di sesso. Ennio Pantaleo per arruolarsi ingannò il
Comandante della Brigata Maiella Ettore Troilo. Nessuno se ne accorse:
era già abbastanza alto e anche il viso non era da ragazzino. Anche se
successivamente venne scoperto, il Comandante non volle umiliarlo
rispedendolo a casa.
Ennio aveva visto per la prima volta i maiellini
in piazza Garibaldi, a Sulmona, circondati dalla folla curiosa e
festante. Era il 9 giugno del ’44. Era la liberazione, la fine della
guerra, la fine della paura, del terrore, che dall’armistizio e
dall’occupazione tedesca, era diventato un incubo collettivo, un’immane
tragedia. Fu una sorpresa: la città era stata tappezzata con manifesti
di saluto in inglese quando, invece, si vide arrivare una formazione
italiana, mal vestita, dall’ armamento più vario, ma un vero anche se
piccolo esercito. Superata l’incredulità, furono calorosi i
festeggiamenti. Fu in questa circostanza che Ennio cominciò ad
interessarsi a questa sorta di compagnia di ventura, per maturare
lentamente il grande passo di essere uno di loro.
Lui non era vissuto nella bambagia. Per
curiosità e per fame girava in bicicletta per le campagne in cerca di
qualcosa da mangiare, verdure ed erbe. Un po’ di latte per il padre
malato se lo procurava dai nonni a Fonte D’Amore, vicino al campo di
concentramento. Un prigioniero fuggiasco se l’era portato a casa con
incosciente generosità e dovevano “dividere con lui il pane che non
c’era”. Si era salvato per un puro miracolo dal feroce bombardamento
di piazza Garibaldi. I tedeschi gli avevano una volta sparato e in
un’altra occasione lo avevano pestato ben bene. Era la prima volta che
vedeva una formazione partigiana. Infatti, nella nostra zona non avevano
operato formazioni armate. Tutte quelle bande, di cui si è favoleggiato,
sono nate dopo la guerra, come il moltiplicarsi di garibaldini dopo le
imprese di Garibaldi. Liberata la regione, la Brigata si sarebbe dovuta
sciogliere e i volontari sarebbero dovuti tornare a casa, dove li
attendevano gli affetti e l’enorme compito di ricostruire dalle macerie
le case, i paesi e riprendere le attività economiche. Ma successe quello
che forse nessuno si sarebbe aspettato, una cosa incredibile. Invece di
tornare a casa, continuò a risalire la penisola. E a Recanati, in
previsione dell’ultima decisiva spallata da dare ai tedeschi
rafforzatisi dietro una nuova linea difensiva, la linea Gotica, promosse
una campagna di nuovi arruolamenti. In quei giorni Ennio Pantaleo matura
la decisione di farsi soldato.
Sarà il più giovane della Brigata. L’amore per
la mamma e una tenerezza particolare per la sorellina (si commuove
ancora oggi nel ricordarla mentre addentava con l’avidità della fame la
pagnotta che lui aveva rubato ai tedeschi rischiando la vita) non gli
impediscono di scappare di casa con un compagno per raggiungere
Recanati con un avventuroso autospot. La mamma, angosciata, andrà
con un viaggio altrettanto fortunoso, dati i mezzi pubblici inesistenti,
a riprenderselo e riportarlo a casa. L’abbraccio fra i due sarà
fortemente drammatico. Il ragazzo soldato piange abbracciato alla madre.
Ma non torna indietro. E così Ennio seguì la Brigata nella sua
avanzata verso il nord, oltre la linea Gotica, attraverso il fuoco
delle battaglie. Il 21 aprile del ’45 la Maiella entrava finalmente a
Bologna. Per prima. Quell’avventura straordinaria, tragica ed eroica
di una formazione del tutto atipica aveva vittoriosamente termine.