Inserito da Redazione il 08/01/2010 alle ore 10:01:01 - sez. Storia - visite: 7405
L'uomo BOMBA
Tsutomu Yamaguchi, morto a 93 anni era l'unico sopravvissuto ufficiale alle due atomiche sganciate sul Giappone nel 1945. 150 mila le vittime.
L'uomo BOMBA
di Junko Terao
Quando il 6 agosto gli Usa lanciarono la prima, Yamaguchi,
l'ingegnere, si trovava a Hiroshima. Il giorno dopo tornò a Nagasaki, la sua
città, e il 9 visse la seconda esplosione.
La mattina del 6 Agosto si trovava a Hiroshima per lavoro, sopravvisse al primo
bombardamento atomico della storia, non sapeva ancora di che tipo di ordigno si
trattasse esattamente. E, soprattutto, non sapeva che di lì a tre giorni gli
sarebbe toccato di nuovo, questa volta nella sua Nagasaki. Un doppio
appuntamento con la bomba a cui l'allora ingegnere di 29 anni, impiegato alla
Mitsubishi Heavy Industries, si è presentato puntuale, cavandosela in entrambi i
casi con delle ferite gravi ma non mortali. Avrebbe vissuto altri
sessantaquattro anni in discreta salute, in barba alle radiazioni che nel tempo
hanno fatto più vittime di quelle causate all'istante dalle due esplosioni.
Il 4 Gennaio 2010, a 93 anni, l'unico superstite a cui sia stato ufficialmente riconosciuto
lo status di vittima di entrambi i bombardamenti nucleari si è spento, vinto da
un tumore allo stomaco. Una storia che ha dell'incredibile e che lo stesso Yamaguchi, nel corso della sua lunga vita, ha raccontato in libri, testi di
canzoni, decine di interviste e conferenze e in un documentario del 2006, «Niju
Hibaku» (doppia irradiazione). Definiva il 6 e il 9 agosto i suoi «giorni della
morte», in cui sarebbe dovuto morire: «tutto quello che è venuto dopo è stato un
bonus», ammetteva.
Quel 6 agosto Yamaguchi, che viveva e lavorava a Nagasaki
disegnando petroliere per la principale azienda di industria pesante durante gli
anni della guerra, si stava preparando a lasciare Hiroshima. Era arrivato tre
mesi prima con due colleghi per lavorare temporaneamente nella sede locale della
Mitsubishi H.I.. Nel tragitto verso la stazione si accorge di aver dimenticato
qualcosa in ufficio e si separa dai colleghi. È in quel momento che sente il
rumore dell'Enola gay, il B-29 americano che trasporta l'ordigno all'uranio
ribattezzato dai militari statunitensi «Little boy», che si avvicina. Lì per lì
non ci fa caso, il Giappone è in guerra, il rombo degli aerei un sottofondo
quotidiano. Un istante dopo, alle 8 e 15, il lampo dell'esplosione lo acceca e
lo spostamento d'aria provocato dalla detonazione lo sbalza a terra. L'epicentro
è a meno di tre chilometri di distanza, a 580 metri di altezza sopra il centro
di Hiroshima: centoquarantamila persone muoiono immediatamente e lui,
miracolosamente, sopravvive. La città è un inferno, ragion di più per fasciarsi
le ferite e partire il giorno seguente per raggiungere la famiglia a Nagasaki.
Il 9 agosto accade l'inimmaginabile: un'altra bomba, questa volta al plutonio,
scoppia sulla città portuale e, ancora una volta, l'esplosione lo risparmia.
Insieme a lui si salvano anche la moglie e il figlio. Anche in questo caso Yamaguchi si trova a
meno di tre chilometri dal punto in cui scoppia la bomba.
Un elemento importante, essenziale per garantirgli lo status di hibakusha, di
«sopravvissuto all'atomica». Che, in soldoni, significa aver diritto a un
risarcimento sotto forma di vitalizio mensile, ad analisi e cure gratuite e alla
copertura delle spese per il funerale. Attualmente sono circa duecentocinquantamila gli hibakusha registrati, ma ancora
oggi molti superstiti di Hiroshima e Nagasaki attendono di essere riconosciuti
ufficialmente: fanno causa al governo, a volte vincono e ottengono i
risarcimenti, altre volte non ce la fanno. Se il governo dovesse concedere lo
status a tutti i sopravvissuti effettivi - ce ne sono migliaia - gli costerebbe
troppo. Conviene aspettare che alcuni si facciano avanti per vie giudiziarie: il
numero di quelli che riusciranno nell'impresa sarà sempre inferiore rispetto a
quello degli aventi teoricamente diritto. Addirittura, molti coreani, cinesi e
filippini che si trovavano a Hiroshima e a Nagasaki durante i bombardamenti e
che hanno lasciato il Giappone subito dopo la guerra, fino a pochi anni fa non
avevano il diritto ai risarcimenti, «perchè residenti all'estero». Quanto a
Yamaguchi, fino allo scorso marzo solo la città di Nagasaki l'aveva riconosciuto
come hibakusha. La nota che attestava la sua presenza anche a Hiroshima il 6
agosto '45, infatti, era stata cancellata nel 1960 perché «complicava l'iter
burocratico relativo al suo caso e non gli avrebbe comunque garantito un doppio
risarcimento». Ma per lui non si trattava di una questione di soldi: «Se sono
sopravvissuto a entrambi i bombardamenti è per compiere una missione».
A metà degli anni '50 è nato il movimento antinucleare giapponese e Yamaguchi,
come molti altri hibakusha, da allora si è dedicato alla causa portando in giro
la sua testimonianza, dentro e fuori l'arcipelago. Nel 2006 è volato a New York
per raccontare la sua storia ai rappresentanti della Nazioni unite e nel
frattempo ha continuato nella sua battaglia per il riconoscimento del suo
«doppio status», arrivato però solo sei mesi fa. «Adesso che la mia doppia
esposizione alle radiazioni è ufficialmente nei registri del governo, la mia
vicenda potrà raccontare alle giovani generazioni l'orribile storia dell'atomica
anche dopo che sarò morto», aveva dichiarato con soddisfazione il giorno
dell'annuncio ufficiale. Un mese più tardi, nell'ormai famoso «discorso di
Praga», Barack Obama avrebbe parlato di un «mondo senza atomica» come obiettivo
che la comunità internazionale, Stati uniti in primis, deve impegnarsi a
realizzare. E lui, Yamaguchi Tsutomu, 93 anni e due bombe atomiche schivate,
ha
preso carta e penna e ha scritto al presidente. «Voglio credere nella sua
determinazione ad agire concretamente per un mondo senza armi nucleari», ha
spiegato.La replica di Obama in questi mesi non è arrivata, ma per lui
«qualsiasi azione in quella direzione varrà come una risposta». Se mai questa ci
sarà, Yamaguchi non avrà fatto in tempo a verificarlo. Se le parole del
presidente statunitense non hanno convinto fino in fondo i più scettici, per gli
attivisti del movimento antinucleare e soprattutto per gli hibakusha, sono state
una pietra miliare. Così come incoraggiante è stato il premio Nobel per la pace
che a quelle parole è seguito.
Negli ultimi anni i sopravvissuti alle atomiche hanno ripreso con nuova
determinazione le loro attività di testimoni, alcuni sono usciti allo scoperto
per la prima volta, dopo una vita vissuta nell'ombra per la vergogna e il timore
di essere discriminati: con l'avanzare dell'età aumenta anche la consapevolezza
che il tempo rimasto per raccontare è poco. A questa si è aggiunta la situazione
particolarmente instabile nella vicina Corea del Nord che preoccupa molto
l'opinione pubblica giapponese. Come l'apertura di Obama a Praga, anche il
cambio di governo a Tokyo, dove lo scorso agosto per la prima volta è salito al
potere il partito democratico, è stato accolto come un incoraggiamento. Per chi
si occupa della questione anti-nucleare si tratta per ora di «buone premesse» e
chissà che non portino a cambiamenti concreti. Nel frattempo qualcosa di nuovo
sul fronte nucleare c'è stato. Poche settimane fa, uno dei figli dell'ex primo
ministro Sato Eisaku ha rivelato l'esistenza di un documento segreto firmato da
suo padre e da Richard Nixon nel 1969. Il documento riguarda un accordo che
permetteva alle navi statunitensi, in caso di emergenza, di introdurre armi
nucleari nell'isola di Okinawa. Il fatto che esistesse un patto simile non è una
novità, già si sapeva, anche se nessun governo finora l'aveva mai confermato.
Sulla vicenda è in corso un'inchiesta e se il documento risultasse autentico
sarebbe una svolta positiva e un punto a favore del nuovo governo, che ha
promesso di andare fino in fondo alla storia. Uno scandalo se si pensa che
Eisaku nel 1974 si è aggiudicato il Nobel per la pace per aver introdotto nella
costituzione nipponica i «tre principi antinucleari», ovvero l'impegno a non
possedere, non produrre e non introdurre armi nucleari nel territorio
giapponese.
Il figlio di Sato ha anche rivelato che il documento indica che durante
l'incontro tra Nixon e suo padre i due avrebbero deciso di classificare il testo
del patto e di conservarlo esclusivamente alla Casa Bianca e nell'ufficio del
primo ministro giapponese. Il documento sarebbe stato trovato nella casa di
famiglia nel 1987, dopo la morte della moglie dell'ex premier, ma i figli
avrebbero deciso di tenerlo segreto.
Legge 633 del 22 aprile
1941 e successive modifiche ed integrazioni Protezione del diritto d'autore e di altri
diritti connessi al suo esercizio
SEZIONE II Diritti relativi al ritratto. Art. 97
Non occorre il consenso della persona ritrattata
quando la riproduzione dell'immagine è
giustificata dalla notorietà o dall'ufficio
pubblico coperto da necessità di giustizia o di
polizia, da scopi scientifici, didattici o
culturali, o quando la riproduzione è collegata
a fatti, avvenimenti, cerimonie
di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il ritratto non può tuttavia essere esposto o
messo in commercio, quando l'esposizione o messa
in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla
reputazione od anche al decoro della persona
ritratta.
Nota (ndr): per quanto
attiene il ritratto di minori, la
pubblicazione nei termini e modi indicati nel
precedente Art. 97, è vietata solo per i minori
coinvolti in vicende giudiziarie (art.13
D.P.R. 22/09/88 n.448 ed art.50 D.L. 30/06/03
n.196, che estende il divieto anche ai casi
di coinvolgimento a qualunque titolo del minore
in procedimenti giudiziari in materie
diverse da quella penale).
Content Management System powered by
dBlog ® Open Source . Modifiche e WebDesign by
casoli.org
Sito aggiornato ad intervalli
irregolari in base alla disponibilita' e alla reperibilita' dei materiali,
non iscritto al registro stampa ai sensi della Legge
n.
62/2001 (Art.1 comma2)»