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Sanità regionale schizofrenica
Venturoni: "in Abruzzo di ospedali ne debbono restare solo 9". Poi corregge: "no, potrebbero restare in 11"
Sanità regionale schizofrenica
La macchina della comunicazione produce molto ma solo se si
tratta di elogi o “trionfi”; scarsa attenzione alle prestazioni ed
all'assistenza, con le liste di attesa sempre più chilometriche. Inoltre ci
sono le difficoltà crescenti nella medicina del territorio che non fa filtro
rispetto agli ospedali, con il personale ridotto e senza turnover, con la
mobilità passiva in aumento e con le fibrillazioni per il destino sanitario
delle zone interne.
IL MINISTRO FAZIO: «IN ABRUZZO DEBBONO RESTARE SOLO 9
OSPEDALI»
Insomma la politica regionale ed il Commissario Chiodi giocano sui tavoli
della spartizione degli accreditamenti con i privati e lasciano al ministro
Fazio il compito di comunicare quale sarà il destino della sanità abruzzese.
E i malati che chiedono prestazioni e i sindacati che protestano per la
scarsa attenzione agli ospedali pubblici o per i dipendenti che lavorano
senza essere pagati, per la Regione diventano sempre più fantasmi.
Di loro, infatti, nessuno parla, soprattutto i consiglieri di maggioranza e
gli assessori regionali che non si lasciano sfuggire una parola sulla sanità
e che hanno completamente rimosso il problema Villa Pini.
Un caso di amnesia non infrequente su questi argomenti. Ma non è Alzheimer:
qualcuno ha messo la sordina sulla sanità, non si fanno dibattiti, non si
propongono soluzioni, «nessuno disturbi il manovratore».
Non si spiegherebbe altrimenti, infatti, la distanza tra il comportamento
preelettorale degli eletti del centrodestra ed il totale disinteresse
attuale per la sanità, quando non anche il ribaltamento delle promesse
elettorali.
La vittoria di Chiodi è venuta anche per aver cavalcato il malcontento sulla
sanità del centrosinistra: no alla chiusura dei piccoli ospedali, via i
manager di Del Turco, basta con le liste di attesa, potenziamo la medicina
sul territorio.
Ed invece ieri, dopo il compiacimento del presidente per la mancata
sospensiva da parte del Tar L'Aquila su Villa Pini, sono arrivate subito
altre reazioni per l'intervento del ministro Fazio, sceso ancora in
campo a difendere Chiodi, e per annunciare le prossime riforme tanto
attese e cioè la riconversione e la chiusura dei piccoli ospedali: «in
Abruzzo ne debbono restare solo 9». Poi Venturoni parzialmente
corregge: «no, potrebbero restare in 11».
PICCOLI OSPEDALI IN PERICOLO
Il tutto con una scìa di polemiche che potrebbero aumentare (non tutti
gradiscono, nemmeno nel centrodestra, che dove oggi ci sono ospedali domani
ci potrebbero essere solo cronicari) e con qualche contraddizione
interna rispetto agli atteggiamenti da tenere in pubblico.
Come è avvenuto l'altro ieri, quando 15 sindaci di centrodestra delle zone
interne della Provincia di Chieti sono andati dal prefetto per difendere
l'ospedale di Casoli e per chiedere una rete di assistenza sanitaria minima
per quel territorio.
«Un territorio inascoltato nella gestione Del Turco e Mazzocca»,
dicono Mauro Febbo, Antonio Tavani, Paolo Di Guglielmo e Consuelo Di
Martino, «dove l'ex manager Caporossi ha fatto solo tagli e riduzione dei
reparti ed ha fatto diminuire i servizi. Ma noi siamo fiduciosi
sull'apertura al territorio che la nuova Asl vuole fare». Poi la
doccia fredda di Fazio: grandi ospedali per i malati acuti,
lungodegenze per gli altri. Cioè per Atessa, Casoli, Guardiagrele, Gissi,
Vasto, Tagliacozzo, Pescina ecc. ecc., con la coda di inevitabili polemiche,
anche per l'invasione di campo del ministro che non tutti hanno gradito.
«Il deficit», spiega invece Carlo Costantini (idv),«obbliga
la Regione Abruzzo a dotarsi ed a rispettare un piano di rientro del debito,
ma non altera gli equilibri costituzionali per effetto dei quali – fatta
eccezione per la determinazione di alcuni principi fondamentali in materia
di tutela della salute – è la Regione a dover decidere la propria rete
ospedaliera».
«Ancora una volta la classe dirigente che governa la nostra Regione»,
ha aggiunto, «ha appaltato al Governo non solo la localizzazione delle
centrali nucleari o la realizzazione di pozzi petroliferi, ma persino la
ridefinizione della rete ospedaliera, di fatto consentendo un esproprio
senza precedenti in Italia di prerogative e di competenze che la nostra
Costituzione assegna alle Regioni».
«Ma non e’ tutto – continua Costantini - Sempre il Ministro Fazio,
parlando da vero e proprio “padrone” della sanita’ in Abruzzo, ha espresso
soddisfazione per l’andamento del piano di rientro, fingendo di ignorare che
fino ad oggi i costi del piano di rientro sono stati pagati dai 1.600
lavoratori del gruppo Villa Pini espulsi dal sistema sanitario regionale,
dai pensionati e dai lavoratori che pagano le addizionali e dai cittadini
abruzzesi che ormai a migliaia sono costretti a rimediare allo sfascio della
sanità indebitandosi e pagandosi di tasca propria le prestazioni, mentre
tutti gli sprechi, gli appalti inutili, quelli taroccati e le immancabili
consulenze - che pesano sul bilancio regionale dieci volte più di quanto
pesi il funzionamento di un piccolo ospedale - sono rimasti del tutto
invariati ed in alcuni casi sono addirittura aumentati».
E per opporsi a questa deriva lo stesso Costantini chiederà un Consiglio
regionale straordinario sulla sanità. Il Pd invece ha chiesto le dimissioni
di Venturoni.
IL CURATORE FALLIMENTARE: «GLI STIPENDI DEI DIPENDENTI DI VILLA PINI
SALVATI SOLO DALLE BANCHE»
«Solo grazie a tre banche locali (Bls, Carichieti e Carispaq) siamo
riusciti a pagare gli stipendi ai dipendenti di Villa Pini. L'assoluta
mancanza di liquidità iniziale», ha detto ieri Giuseppina Ivone, curatore
della clinica fallita, «e le inaspettate difficoltà sollevate da alcuni
debitori non solo hanno impedito inizialmente il regolare ripristino del
pagamento degli stipendi ai lavoratori, ma hanno anche reso concreto il
pericolo della totale chiusura dell’attività, con la conseguente perdita del
valore dell’impresa e di tutti i posti di lavoro».
Il curatore non lo dice ma il riferimento è alla Asl di Chieti che si è
opposta anche al decreto ingiuntivo per la riscossione di due milioni dovuti
ad Angelini (e quindi al curatore).
Questo ostacolo imprevisto (ufficialmente la Regione è a fianco dei
lavoratori) ha lasciato a secco le casse dell'esercizio provvisorio deciso
dal tribunale fallimentare per tutelare dipendenti e creditori.
«Non ci posso credere», ha poi aggiunto Costantini, «la politica
snobba i lavoratori ed invece un curatore ed un giudice, peraltro non eletti
dai cittadini, si fanno carico dei problemi dei dipendenti, pur non essendo
questo il loro compito prevalente. Chiodi dovrebbe arrossire per la vergogna
di fronte a questa straordinaria prova di sensibilità sociale ed umana. E
prenda esempio».
EX MANAGER CAPOROSSI: «IO ATTACCATO MA I NUMERI HANNO LA TESTA DURA»
Michele Caporossi, il manager della Asl di Lanciano, defenestrato a
settembre scorso con il pretesto della creazione di una nuova Asl
provinciale a Chieti, torna spesso come un incubo del centrodestra nelle
polemiche sulla sanità. Alternativamente è termine di paragone negativo,
responsabile di tutti i mali dell'assistenza tra Lanciano e Vasto, bersaglio
buono per ogni polemica.
Anche dopo l'incontro tra il prefetto di Chieti Vincenzo Greco e i 15
sindaci delle zone interne, preoccupati del destino dell'ospedale di Casoli
è stato più volte citato.
In realtà, dopo il licenziamento un po' frettoloso del settembre scorso
(insieme a Mario Maresca, il collega di Chieti), l'ex manager è tornato
senza polemiche al suo lavoro ad Ancona.
Ha tuttavia presentato un ricorso contro il provvedimento della Giunta
regionale che non avrebbe avuto titolo a nominare il suo sostituto, essendo
in carica un Commissario ad acta (Gino Redigolo) al quale soltanto
spettavano i poteri di nomina. PrimaDaNoi.it ha chiesto a Caporossi cosa
pensa di queste polemiche sul suo operato.
«Non mi sembra il caso di rispondere a personaggi che in campagna
elettorale avevano proposto la Asl di montagna e poi, per farci fuori, hanno
eliminato addirittura la Asl Lanciano-Vasto», ha spiegato Caporossi, «ricordo
solo che nel 2005 l'ho ereditata con una perdita di 65,5 milioni di euro,
cioè 370 euro di debito per ogni residente – risponde l'ex manager - Oggi
questa Asl chiude il bilancio 2009 in perfetto equilibrio economico, se non
in utile».
Cosa pensa sui pericoli di chiusura o di riconversione che corre
l'ospedale di Casoli? «I fatti e i numeri hanno la testa dura»,
spiega, «questo ospedale oggi è già riconvertito, esattamente come vuole
il ministro Fazio, così come tutti gli altri di quel territorio. Ed ha
numeri di prestazioni moderne ed appropriate, a partire dall' aumentata
attività chirurgica e dall'integrazione con la sanità del territorio, che lo
mettono al riparo da ogni tentativo di smantellamento: prima del mio arrivo
registrava il 19% di prestazioni inappropriate. Il livore e l'odio nei miei
confronti, ripetutamente manifestato, non ha bisogno di commenti».
Ma secondo i sindaci di centrodestra di quel territorio, la sua gestione non
erano solo rose e fiori…
«E' inutile arrampicarsi sugli specchi: vadano a spiegare le loro ragioni
di difensori della vecchia situazione insostenibile al Ministro Fazio, che
parla di mantenere solo 9 ospedali. Ebbene nella ex Asl Lanciano-Vasto oggi
c'è, se non lo distruggono, un unico presidio ospedaliero articolato in 5
stabilimenti di produzione da specializzare ancora di più all'insegna della
continuità assistenziale. Esattamente quello che afferma oggi il manager
Francesco Zavattaro (del quale peraltro conservo il gradito ricordo di un
corso alla Bocconi nel 1996). Per quello che ha dichiarato, evidentemente,
non ha intenzione di abdicare al suo ruolo di tecnico e ha riconosciuto
pubblicamente che la Asl Lanciano Vasto ha raggiunto i suoi obiettivi, se è
vero che il buon risultato di bilancio è stato ottenuto grazie alla
diminuzione della mobilità passiva ed all'aumento del 29,9 % delle
prestazioni erogate, oltre che all'eliminazione delle prestazioni
inappropriate. Si dovrebbe smettere di mischiare la propaganda spicciola
alla programmazione sanitaria».
Se potesse essere ascoltato, cosa consiglierebbe per non diminuire la
qualità dell'assistenza nelle zone interne, se gli ospedali fossero
riconvertiti solo per le lungodegenze?
«Di volare alto per quella bella terra di cittadini laboriosi, di volare
verso le mete della modernità. Come quella di realizzare il nuovo sistema
dell'emergenza-urgenza con 5 nuove postazioni di 118 da noi progettato e
rimasto lettera morta. Però dubito sinceramente che ciò possa accadere visto
il trattamento che ci hanno riservato. I nodi però vengono al pettine quando
si vuole gestire la salute dei cittadini sono con fini di potere».
Fonte:
www.primadanoi.it del 30-04-2010
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