Ex tracciato ferroviario lungo la costa adriatica
L'appello di 'Nuovo Senso Civico' ad Enrico Di Giuseppantonio, per la realizzazione di una pista ciclabile, contro la quale cospirano Trenitalia, amministrazioni comunali e numerosi investitori privati
Ex tracciato ferroviario lungo la costa adriatica
Un tratto dell'ex tracciato ferroviario lungo
la costa adriatica
Di seguito il Comunicato Stampa di
Alessandro Lanci, Presidente del movimento spontaneo di cittadini
abruzzesi "Nuovo Senso Civico":
Nell’anno 1916, dopo una settimana di pioggia, si verificò su quasi tutta la costa adriatica di Torino Di Sangro, una gigantesca frana che travolse un treno che stava passando in quel momento.
Tutta un fila di ripide colline che digradavano verso il mare sprofondò improvvisamente verso la riva, che si allungò di circa 200 metri, mentre a monte si determinò, frutto di
taglio netto, un ripidissimo ciglione.
L’ente Ferrovie di dello Stato, sulla base della relazione di un grande ingegnere suo dipendente, l’Ing. Segre
- all’epoca nelle Ferrovie dello Stato vi era il meglio in materia di scienza e di tecnica
- realizzò sulle colline dimezzate 13 grandi pozzi di drenaggio delle acque profondi 50-60 metri, che però non furono mai collegati tra di loro né furono dotati dello sbocco a mare, come era in progetto.
Alcuni di questi pozzi in seguito furono interrati dai contadini.
Nel 71 si verificò una nuova frana, anche se più circoscritta.
Di tutto questo, le Amministrazioni comunali hanno smarrito la memoria, benché, a tutt’oggi, ogni anno si verifichino sul ciglione smottamenti del terreno.
Il fatto è che tutta la costa adriatica era, in ere geologiche più recenti, fondo marino e perciò, sotto lo strato superficiale di terra, c’è un tappeto di sassi di un paio di metri e poi sabbione e argilla.
Insomma tutta la costa è geologicamente molto fragile e consentire sulle sue pendici ed alla base delle frane una edificazione indiscriminata significa non solo deturpare una costa un tempo bellissima, ma preparare future catastrofi.
Anche per questi motivi si è deciso l’arretramento della linea ferroviaria.
Così si è posto il problema di come utilizzare la vecchia area di sedime della ferrovia e si è pensato farne una pista ciclabile che, se realizzata unitamente al parco della costa teatina, richiamerebbe turisti da tutta Europa.
Insomma si tratta di una splendida idea, che avrebbe una grande ricaduta economica.
Ma, come sempre succede in Italia, le idee migliori, quelle più giuste e ragionevoli trovano sempre ostacoli insormontabili, mentre quelle dettate da interessi particolari, pur in contrasto stridente con gli interessi generali, finiscono sempre o quasi sempre per prevalere.
Così contro la pista ciclabile cospirano: Trenitalia (che, pur svolgendo un servizio pubblico, ragiona con un logica privatista e per cedere l’area dismessa, vuole molti milioni di Euro), numerosi investitori privati (che guardano famelicamente a quell’area per costruirvi alberghi ed altre attrezzature), ed infine le amministrazioni comunali, interessate solo a regolarizzare l’abusivismo pregresso e a consentire nuove edificazioni. Perciò, fino a che lo scempio del territorio non sarà completo, difficilmente i comuni troveranno l’accordo sulla perimetrazione del Parco.
Insomma la pista ciclabile pochi la vogliono davvero.
Così il Comune di Torino Di Sangro ha ottenuto di poter realizzare ed ha già
realizzato sull’area di sedime della ferrovia, uno svincolo verso la Statale 16 ed ha motivato tale opera con la necessità di favorire il transito per la via più breve alla Polizia stradale, alle ambulanze (anche se lì non c’è alcun ospedale o ambulatorio) e ai mezzi antincendio (anche se lì si trova solo qualche canneto verde e non possa più il treno, che in passato è stato all’origine di un incendio.
Del resto, se valesse questa logica, bisognerebbe riempire di strade asfaltate il bosco a margine della statale).
In realtà ciò che si è voluto fare è stato fornire un secondo collegamento, peraltro a senso unico, alla Statale, utile ad alcune case sorte in riva al mare.
Ed oggi si vuole realizzare un nuovo svincolo di collegamento alla Statale, sempre sul vecchio tracciato ferroviario, pochi chilometri più a sud del primo, nella zona del Fosso del Diavolo, che farebbe comodo solo chi ha realizzato l’edificazione più selvaggia tra la detta Statale e la riva del mare.
In questa maniera si compromette ulteriormente il progetto di pista ciclabile.
Qualche giorno fa il grande architetto Pier Luigi Cervellati, passando per la nostra costa, ha detto: “
Rispetto a nove anni or sono, quando sono passato un’altra volta da queste
parti, è stato compiuto uno scempio incredibile!”.
In realtà in tutta costa abruzzese abbondano gli scempi.
Ma non è che nelle zone interne siano da meno.
Ad esempio, in Atessa l’attuale Ammnistrazione comunale ha ceduto gratuitamente in proprietà una superficie di 2.700 metri quadri e concesso una servitù su altri 4 mila metri sul Colle S. Cristofaro, da molti anni villa comunale, ad un’impresa che sta costruendo un ecomostro di 25 mila metri cubi su un’area ottenuta in larga parte scalzando detto ripido colle, che in passato è stato ripetutamente interessato da frane e smottamenti pericolosi.
Nel permettere questo orrore, gli amministratori comunali hanno violato tutte, ma proprio tutte, le norme locali e nazionali e quelle concernenti una corretta gestione della finanza locale e nazionale.
Colle San Cristofaro ad Atessa
A questo punto ci appelliamo al Presidente della provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio affinché si faccia promotore e garante dell’integrità della nostra costa che è l’unica garanzia per uno sviluppo turistico di qualità che faccia la differenza e possa competere con le realtà già affermate.
State e stiamo attenti, queste sono scelte vitali per il nostro futuro, se commettiamo errori non possiamo più tornare indietro.
Comunicato Stampa "Nuovo Senso Civico"
del 19-09-2010
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Conosco benissimo quei posti, avendovi trascorso la fanciullezza e parte della gioventù. Vorrei precisare che dove si dice che i 13 grandi pozzi non erano collegati fra loro non è esatto. Erano invece collegati da una grande galleria con sbocco da un lato verso Valle Grande e dall'altro su Valle Grotti, presso il cosiddetto Colle della Rocchetta. I due sbocchi erano chiusi da cancellata metallica. Il lato negativo è stato che il sistema non ha avuto mai la benchè minima manutenzione.
Grazie per la precisazione Sig. Berghella!
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il 20/09/2010 alle ore 12:12:14