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Di seguito gli Articoli, i Video e le Immagini pubblicati nella giornata richiesta.
La mafia dei colletti bianchi
Parte prima - Una nuova criminalità
Le parole “Mafia”, “Camorra”, “Sacra Corona Unita”, “'Ndrangheta”, stanno
iniziando ad avere una funzione negativa. Certo esse da sempre indicano le più
celebri tra le organizzazioni malavitose ufficiali del nostro Paese, per cui
dietro i loro nomi non c'è mai stato nulla di bello e buono.
Ma col passare degli anni hanno finito, indipendentemente dalla volontà di chi
le utilizza, per assumere una funzione pericolosamente paralizzante per la
gente. Infatti quando sentiamo pronunciare la parola “Mafia”, quando sentiamo
pronunciare la parola “Camorra”, subito la nostra mente corre alle
organizzazioni criminali della Sicilia o della Calabria. Organizzazioni che
hanno un certo modus operandi, una certa storia, persino della tradizioni, per
quanto spaventose. Intorno ad esse, grazie alla cinematografia, si è creata una
vera mitologia. Quando giornali e televisioni ci parlano delle loro
ramificazioni nel nord Italia o all'estero continuiamo a percepire questi
fenomeni come delle tenui appendici delle organizzazioni principali, quasi delle
semplici filiali di una sede centrale che resta comunque attaccata a un certo
territorio, a una certa organizzazione, insomma a una certa immagine.
E il problema è proprio questo. L'immagine che abbiamo della malavita
organizzata nel nostro Paese è tale che il linguaggio ha paralizzato la nostra
possibilità di percepire qualcosa di nuovo che nel frattempo ha messo le radici
fuori dai tradizionali seminati. Quando sentiamo parlare di “malavita
organizzata” pensiamo alla Mafia, alla Camorra e quando sentiamo parlare di
Mafia, di Camorra, nella nostra mente prende subito corpo l'immagine che di quei
fenomeni ci siamo costruiti e siamo del tutto incapaci di associare i termini a
un nuovo tipo di criminalità.
Una criminalità a sua volta organizzata, che hai i suoi capi cosca e i suoi
collaboratori capillarmente diffusi nei settori chiave del territorio in cui
opera. Ma a differenza della Mafia dei Provenzano, dei Riina, dei Corleonesi, a
differenza della Camorra dei Casalesi, dei Santapaola, questa è una mafia, è una
camorra con le iniziali minuscole perché poco ha a che vedere con le illustri
controparti del Mezzogiorno. Si tratta di una criminalità di nuovo tipo, più
moderna, certo, persino più aggressiva e finanche “raffinata” nei modi e nelle
vesti sotto cui si presenta.
E' la nuova criminalità italiana del ventunesimo secolo, la “mafia dei colletti
bianchi”.
Per cominciare a capire di cosa stiamo parlando, diciamo che questa nuova forma
criminale agisce soprattutto nel nord Italia. In questo senso commette una prima
“violazione” di quel linguaggio di cui si parlava all'inizio perché oggi la
gente che senta parlare di mafia fatica realmente a pensare a qualcosa di
radicato nel Settentrione. Di conseguenza fatica ad afferrare il problema ed a
crearsi la coscienza necessaria a risolverlo. A chiarire invece la grave portata
di questo fenomeno basterà una cifra: 130 miliardi di € l'anno, ossia il suo
volume d'affari secondo il presidente della Commissione Nazionale Antimafia,
senatore Giorgio Pisanu.
Abbiamo detto inoltre che questa è una mafia dei colletti bianchi. Si tratta
infatti di una malavita che trova i suoi cervelli nella ricca borghesia del nord
Italia, una classe imprenditoriale che, nel momento in cui è degenerata verso
metodi criminosi, è diventata prenditoriale. Una vera borghesia mafiosa lontana
dallo stereotipo del latitante siciliano o campano, braccato per anni dalle
forze dell'ordine e ritirato discretamente in tenute fuori mano per sfuggire
alla cattura, o da cinematografici padrini al cui passaggio la gente omertosa si
leva il cappello fingendo di non sapere chi sia.
Questa mafia prenditoriale è estremamente radicata sul territorio e nella
società. Laddove decide di mettere radici non esiste luogo chiave o istituzione
che sfugga all'infiltrazione di suoi uomini, siano essi fidati “dirigenti”
dell'organizzazione o vili “galoppini”. Questura, Prefettura, Sanità, giornali,
televisioni, amministrazioni locali, Tribunali sono il suo naturale terreno di
coltura. E' per questo motivo che la mafia dei colletti bianchi raramente ha
bisogno di utilizzare sicari ed esecutori di omicidi e pestaggi che per lei
costituiscono solo l'ultima risorsa (che pure non disdegna in caso di bisogno).
Essa infatti è paradossalmente in grado di contrapporre a chi volesse sfidarla
tramite i canali classici della Giustizia e dell'informazione proprio il potere
della Legge e della disinformazione piegati alla propria volontà. Direttori di
giornali che si voltano dall'altra parte quando ricevono un comunicato;
procuratori che hanno sempre altre inchieste da portare avanti rimandando
all'infinito le specifiche denunce delle vittime di questa mafia; avvocati di
parte civile che nel disinteresse del proprio cliente girano intorno alla
questione senza mai affondare il coltello; prefetti e questori sordi;
parlamentari eletti sul territorio che incontrano demagogicamente le vittime
facendo solenni promesse di aiuto e poi non portano avanti alcuna battaglia
politica seria che non vada oltre sterili proclami generici e “mediaticamente”
corretti. Tutto questo non avviene per caso, ma è il frutto scientificamente
programmato di un'autentica regia. Come dicevamo questa mafia moderna,
efficiente e, si badi bene, intelligente, raramente ha bisogno di sporcarsi le
mani, di uccidere qualcuno, di piazzare bombe, di mandare loschi individui a
fare minacce maldestre. Non le è affatto necessario perché è in grado di
plasmare il corso delle cose e la realtà percepita a propria volontà. In questo
senso la mafia dei colletti bianchi ha molto in comune con una loggia massonica
che conti tra i suoi componenti personaggi importanti di vari settori della
società (economia, politica, giornali e tv) capaci di agire in catena gli uni
rispetto agli altri e quindi di manipolare l'andare degli eventi.
Se, abbiamo detto, raramente la mafia dei colletti bianchi ricorre al delitto di
stampo mafioso classico, grazie al suo controllo tentacolare sul territorio e le
istituzioni, essa è nondimeno in grado di far patire alle proprie vittime
sofferenze tra le più atroci proprio perché contamina come un cancro tutti
quegli organi ai quali la vittima per prima si affida per avere protezione e
giustizia. Solo sperimentando questo meccanismo se ne possono intuire il dolore
e la rabbia che ne conseguono, ma ciò implica di essere finiti appunto nel
mirino di questa borghesia mafiosa. Chi avesse la fortuna di rimanerne illeso
dovrà necessariamente fare uno sforzo di comprensione per intuire seppur molto
lontanamente la frustrazione che si può provare quando, mentre il martello della
malavita preme su di noi e le nostre famiglie, tribunali, giornali e forze
dell'ordine cui ci appelliamo si mettono a ricoprire il ruolo dell'incudine
complice contro cui essere schiacciati.
Una cosa questa nuova malavita e le mafie classiche del Sud Italia l'hanno però
in comune: la capacità di produrre omertà. La mafia dei colletti bianchi è
riuscita a creare un circolo in cui, silenziosamente, tutti sanno, tutti
conoscono, ma nessuno va oltre il bisbiglio, lo sguardo abbassato, l'allusione.
Ufficialmente nulla di male accade nel circuito
economico-politico-giudiziario-mediatico in cui essa si inserisce, ma di fatto è
possibile scovare, con fatica e discrezione, molte storie di minacce, pressioni,
intimidazioni, deviazioni di indagini.
Parte seconda - Una storia di mafia: Angelo Funiciello
Fonte:
arcadianet.blogspot.com di Simone Boscali
I ringraziamenti di Massimiliano Travaglini
di
Massimiliano Travaglini
Gioacchino Genchi e Massimiliano Travaglini
Una premessa d’obbligo: la giornata del
convegno-dibattito e presentazione del libro, “Il caso Genchi”, nel suo
complesso, non è stata e non può essere, per le tematiche peculiari trattate, di
rilevante contenuto civico-sociale, motivo di strumentalizzazione
politica-partitica in senso lato.
Ringrazio tutti i partecipanti intervenuti
così numerosi, ringrazio l’Amministrazione Comunale di Casoli tutta,
nella persona del Sindaco Dr. Sergio de Luca, sempre pronto e disponibile
a recepire le istanze degli interlocutori. Ricordo bene, quando mesi addietro,
nel prospettargli la realizzazione di questo evento, egli ne comprese e
condivise subito l’alta valenza etico-morale, pur non conoscendo quali sarebbero
stati i relatori e fidandosi della mia persona.
Ringrazio la Comunità Montana Aventino
Medio-Sangro, la Protezione Civile gruppo “Eugenio Rossetti” di Casoli,
nel ricordo dovuto e mai sopito dell’amico Eugenio, grande per eroismo sul campo
(mi fece vedere personalmente un giorno le alte benemerenze e riconoscimenti
ricevuti) vigile del fuoco di Casoli, prematuramente scomparso e che ho avuto la
fortuna di conoscere bene perché abitava nel mio stesso palazzo quando ero
adolescente.
Ringrazio l’amico Massimiliano Monaco
di vasto, che ha seguito tutto l’aspetto tecnico ed il montaggio dei video,
la cara moderatrice Lea Del Greco per quello artistico e Giuseppe
Borea per le letture.
Ringrazio l’amica Lea Del Greco per
le cortesi parole rivoltemi durante il convegno e che probabilmente non merito,
in quanto le ritengo eccessive per una semplice e comune persona quale sono. Da
cittadino di Casoli, seppur non residente, ma con il cuore che batte in questo
amato paese, rivolgo la mia lettera, non agli ateniesi, ma agli abruzzesi, e
parafrasando Pericle nel discorso agli ateniesi del 461 a.c., dico a voi, qui a
Casoli: noi vorremmo fare così, no alle mafie dei colletti bianchi.
Ringrazio casoli.org, il sito
ufficiale del nostro paese, la Florgarden di D’Andrea che ha messo a
disposizione gratuitamente l’addobbo di piante e fiori.
Ringrazio inoltre tutti quanti non
espressamente citati, ma che con il loro impegno e collaborazione hanno
partecipato fattivamente alla ottima riuscita dell’iniziativa.
Ringrazio il Prof. Leoluca Orlando,
che e’ dovuto andare via anticipatamente per impegni urgenti ed improrogabili,
ripetendogli le sue stesse parole impresse sulla sua maglia vista nel filmato
del 1990 “Io ho un sogno”.
Ringrazio il Dr. Gioacchino Genchi,
vice questore di Palermo, consulente delle autorità giudiziarie, già
collaboratore dei giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone,
vero uomo delle istituzioni con la i maiuscola, nonostante tutto, e mi riferisco
ai tanti codardi che in tutti i modi hanno cercato di deleggittimarlo ed
infangarne il proprio nome.
Dr. Genchi, non si preoccupi, che, facendo
le debite proporzioni con i suoi, ci sono anche dei codardi artigianali locali,
che a volte, oltretutto, hanno la presunzione e l’arroganza di ergersi a
paladini della giustizia.
Il Dr. Genchi che seppur impegnato dalla
sua attività professionale, Sabato 27 Novembre ha fatto i miracoli per essere
con noi Sabato. Voglio ricordare pubblicamente quanto dettomi telefonicamente,
alla mia richiesta di conferma di presenza: “Max ho tantissimi impegni
professionali che non mi fanno garantire la presenza a Casoli. Purtroppo
dobbiamo sospendere tutto”. Poi, probabilmente, anche al cospetto della mia
insistenza ed invadenza, e di questo mi scuso pubblicamente, mi ha detto: ”ma
io, se non ricordo male, te lo avevo già promesso. Allora stai tranquillo che
una soluzione la troviamo”… quando si parla di coerenza nella vita!
Li ringrazio entrambi, di vero cuore, per
averci onorato della loro presenza e perché hanno contribuito, con le loro
rispettive testimonianze di vita, a far sì che soprattutto i giovani e le
popolazioni di Casoli, della Provincia di Chieti e dell’Abruzzo, oggi abbiano
riscoperto, ove ce ne fosse la necessità, ed io penso proprio di sì, purtroppo,
quei valori e quei principi etici e morali che dovrebbero essere insiti e propri
di ogni onesto cittadino. Come ringrazio gli uomini e le donne appartenenti alle
istituzioni tutte dello stato italiano e della regione Abruzzo, presenti e non,
che ispirati da sacrosanti principi costituzionali e di legalità,
quotidianamente, nello svolgere il proprio dovere, in modo “indipendente, terzo
ed imparziale”, dovrebbero (il condizionale è d’obbligo, purtroppo e me ne
scuso!) Rendere giustizia alla memoria di coloro che li hanno preceduti ed alla
dignità delle genti che dovrebbero rappresentare.
Scusate per la mia sincerità, ma in questo
momento mi viene alla mente “La leggenda del porto delle nebbie”, che
poi, secondo il mio modesto parere, tanto leggenda non è, come ho potuto
apprendere nel libro “Il caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello stato”
alle pagine 656 e seguenti. Come altresì mi viene alla mente in modo del tutto
personale e discrezionale, la leggenda, ancora da scrivere, di qualche “porticciolo
delle nebbie di provincia ed i relativi attraccatori…purtroppo”.
A proposito, il libro, “Il caso Genchi”, è
stato acquistato all’uscita ad un prezzo ridotto rispetto a quello reale, perché
ci e’ stato permesso grazie al Dr. Genchi che ha rinunciato ai suoi
compensi/diritti.
Voglio ricordare le parole del giudice Dr.
Paolo Borsellino: “parlatene della mafia, in televisione, sui
giornali, però parlatene della mafia”. Aggiungo io, umilmente, oggi abbiamo
cercato di parlarne, con la speranza di averlo fatto, tutti assieme, nessuno
escluso, nel modo migliore e più opportuno, in virtù anche e soprattutto, delle
condizioni oggettive e soggettive degli intervenuti tutti, dei propri vissuti e
delle proprie storie personali di ognuno di noi.
Vi racconto, non certamente per sminuire
quanto detto al convegno, ma per rendere al meglio un sacrosanto principio di
vita comune, una massima dialettale popolare che era di moda negli anni 70 a
Casoli e che mi torna molto alla mente di questi tempi. All’indomani di fatti di
cronaca giudiziaria: corruzioni, concussioni, truffe, falso in atto pubblico,
diffamazioni (quelle vere non quelle create ad hoc!), appropriazioni indebite,
evasione ed elusione fiscale, truffe aggravate ai danni dello Stato, ed oggi
alla Comunità Europea, del sistema bancario, false fatturazioni, ricorso abusivo
al credito bancario, riciclaggio, false comunicazioni sociali, dichiarazioni
infedeli, e per concludere, non per importanza, associazione a delinquere, in
poche parole, tutte attività poco nobili e degne delle mafie dei colletti
bianchi, a livello, nazionale e soprattutto locale ove ce ne fossero. Come
dicevo, quell’umile ed onesto cittadino, seppur semplice, andava ripetendo ad
alta voce per Casoli: “...scippe, scippe, lazzaròne armìtte le suòlde a lu
pòste, cà la robbe té le pàdrune…”
Tradotto per i non addetti ai lavori
dialettali: “ruberie, ruberie, delinquente rimetti i soldi a posto che le
cose hanno i loro legittimi proprietari”.
Mi chiedo e vi chiedo e cercate di
rifletterci sopra, che fine hanno fatto le centinaia e centinaia di milioni di
euro di finanziamenti pubblici, sotto le varie forme, Docup, Fas, Por-Fers
2007-2013, ricevuti e da ricevere dalle aziende dell’Abruzzo e, nella
fattispecie della Provincia di Chieti, che sarebbero serviti a creare ricchezza
(aggiungo io: di chi?), del territorio ed occupazione stabile e definitiva,
(aggiungo io: quando?), dei tanti lavoratori precari, padri e madri di famiglie
risbattuti dall’oggi al domani per strada? Quando è misero e ridicolo assistere
oggigiorno a taluni comportamenti dettati, a volte, da delirio dell’onnipotenza
al fine di perseguire solo potere e profitto a discapito dell’onestà, della
coerenza, della moralità. Un grazie di cuore ed un abbraccio ideale a tutti voi,
ancor più a chi ci ascolta ed osserva da lassù.
Massimiliano Travaglini
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Genchi a Casoli, questura gli notifica la destituzione dalla Polizia
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Casoli, Genchi destituito dalla Polizia mentre presenta il suo ultimo
libro
Offese Berlusconi, la polizia caccia Genchi
Casoli - Era arrivato a Casoli sabato pomeriggio il poliziotto e tecnico
informatico Gioacchino Genchi per la presentazione del suo libro ed è
stato accolto da un funzionario della questura.
Gli è stata così notificata la convocazione per il Consiglio Centrale di
Disciplina che si terrà l'1 dicembre prossimo al Ministero dell'Interno
per la sua destituzione dalla Polizia di Stato per avere «offeso il
prestigio dell'on. Silvio Berlusconi al Congresso dell'IDV».
Genchi ha ritirato la convocazione e poi ha partecipato, come da
programma, alla presentazione del suo libro. Ha parlato alla platea che
era lì per assistere alla presentazione del volume da 900 pagine e ha
raccontato quello che era appena successo. Il sito Casoli.org riprende
tutto e il video finisce in rete.
«Non ho la serenità», ha ammesso Genchi, «mi accorgo che siamo arrivati
al capolinea, per me è arrivata la telefonata della questura. Nessuno ha
chiamato per me per dire che sono il nipote di Mubarak. Sono arrivati
fin qui perchè sapevano che ero a Casoli, era scritto su Facebook e sul
blog e così dal Ministero dell'Interno il ministro ha incaricato il
questore di Chieti che ha mandato un funzionario per notificarmi, alle
ore 16.10, prima che entrassi qua dentro, la convocazione».
«Dopo 25 anni di onorato servizio», ha continuato Genchi nel suo
intervento dove non sono mancati picchi di rabbia, «dopo che fino
all'anno scorso mi è stato attribuito un punto in più sul voto massimo
per le 'eccezionali doti morali'..... Adesso mi accingo ad essere
destituito per aver offeso l'onore e il prestigio di Silvio Berlusconi».
«Questa è l'accusa», ha spiegato tra i fischi del suo pubblico. «Non
sono stato condannato per aver ucciso ragazzi, non per aver trafficato
droga, non sono stato condannato per i fatti del G8 o per aver menato
manifestanti. Mi sono limitato ad esercitare il diritto di difesa
dall'oltraggio che quell'uomo (Berlusconi, ndr) nel tentativo di
fermarmi e delegittimarmi per quello che stavo facendo nei suoi
confronti e nei confronti dei suoi accoliti mafiosi che lo hanno portato
in Parlamento inscenando il più grande scandalo».
«Hanno tentato in tutti i modi di fermarci», ha continuato Genchi
facendosi portavoce di magistrati e inquirenti. «Ci hanno provato mentre
facevamo le indagini su Dell'Utri e Cuffaro. Entrambi condannati in
primo e secondo grado».
«Quello che racconto l'ho vissuto, purtroppo, ecco perchè rivendico
queste scelte che mi hanno cambiato la vita».
Dopo qualche ore Genchi ha commentato l'episodio anche su Facebook:
«tutte le mie istanze di accesso e le richieste difensive, fra le quali
l'audizione del Ministro Maroni su alcuni punti precisi della
contestazione, sono state respinte» Fonte:
www.primadanoi.it
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in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla
reputazione od anche al decoro della persona
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Nota (ndr): per quanto
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pubblicazione nei termini e modi indicati nel
precedente Art. 97, è vietata solo per i minori
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D.P.R. 22/09/88 n.448 ed art.50 D.L. 30/06/03
n.196, che estende il divieto anche ai casi
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