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Inserito da Redazione il 20/10/2014 alle ore 09:23:27 - sez. Libri - visite: 3809
Presentato a Trieste e Verona il libro di Sirovich
Il 10 e il 18 Ottobre, rispettivamente a Trieste e a Verona, è stato presentato il libro di Livio Isaak Sirovich 'Non era una donna era un bandito' che racconta le vicende di Rita e dei due uomini della sua vita, di cui uno internato a Casoli
Presentato a Trieste e Verona il libro di Sirovich
Una biografia storica
'molto raccontata' nata attraverso i colloqui epistolari di Rita Rosani con il
fidanzato Giacomo Nagler (Kubi) internato a Casoli insieme al padre Salo. In una
delle lettere si cita Casoli,
che viene chiamato anche "il presepe abruzzese" descrivendo il paese come un
ambiente non ostile.
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Il libro di Sirovich è tato presentato a Trieste Venerdì 10 Ottobre,
alle 17:00 presso l'Auditorium del Museo Revoltella (Via Diaz 27) e Sabato 18
Ottobre a Verona, alle 16:30 nella sede dell'Istituto veronese per la storia
della resistenza e dell'età contemporanea (Via Cantarane 26).
"Della storia davvero inconsueta - dice l'autore del libro - di
questa maestra ebrea triestina ventitreenne (unica italiana medaglia d'oro al
valor militare, caduta in combattimento nella Resistenza) a Trieste parleranno
la prof. Tullia Catalan e l'autore del volume, introdotti dagli Istituti storici
della Resistenza di Verona e di Trieste.""Nel settembre del 1943,
- continua Sirovich - Rita si rifugiò nel Veneto con i genitori per
poi arruolarsi in una piccola unità partigiana autonoma a nord di Verona. Altri
personaggi del libro sono il suo fidanzato "Kubi", internato in un campo di
concentramento per ebrei stranieri in Calabria e poi in Abruzzo, da dove finì ad
Auschwitz con papà e mamma, e il bizzarro colonnello Ricca, compagno di Rita
nella guerra partigiana. Il libro si basa soprattutto sull'epistolario 1940-1943
tra Rita e Kubi, rinvenuto avventurosamente da Sirovich in un palazzotto
pericolante in Abruzzo, e sugli atti dei processi a carico dell'assassino di
Rita." |
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libro e l'autore |
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Di seguito pubblichiamo una traccia del libro dove si parla
di Casoli |
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Rita cerca di vincere la depressione, causatale dal forzato
abbandono della scuola, accentuando una falsa spensieratezza da adolescente e fa
qualche passo falso. Mille chilometri lontano, il fidanzato deve adattarsi
alle baracche ed al filo spinato di Ferramonti (CS) e poi alle umide camerate ed
agli usi di Casoli.
testo:
Fra i confinati sbattuti dai quartieri buoni di Trieste,
di Vienna o di Dresda nel presepe abruzzese, ci sono anche giovani in età
da moglie, ma non possono partecipare allo struscio [...]. Da
generazioni, fra le cinque e le sette il Corso diventa il poligono di tiro degli
sguardi fulminanti dei giovani maschi del paese. Qui si mira sparato negli
occhi e non si guarda la donna per un istante, ma per un minuto, e in un minuto
intero una donna - si dice - fa a tempo a salire al color rosso, garantito! Lei
non ricambia mai le occhiate, ma sai che a un certo punto... a un certo punto ti
ammicca dalle palpebre basse e allora tu devi farle «il» gesto, mentre dalle
soglie i genitori o i loro onnipresenti ed innumerevoli parenti ti stanno tutti
a guardare, senza darlo a vedere: ti passi la mano di sotto in su dai coglioni
al membro, e le dai l'occhiata finale, quella che le dà la vampa e la brucia
dalle dita dei piedi fino alla radice dei capelli. Vhum!, una sola fiammata come
il roveto ardente. [...] Ma, a parte la gelosia dello struscio,
l'ambiente non è ostile. Non ci sono antisemiti a Casoli, solo un paio di
fascisti sfegatati e quindi non ci vuole molto perché le più nominate famiglie
del paese comincino ad aprire discretamente le porte dei loro salotti a qualcuno
dei giovani stranieri dal contegno così distinto, ed imparino ad apprezzarli.
I due ragazzi non possono rivedersi né scambiare frasi troppo intime per paura
che i censori ne ridano. Così, mentre a Trieste sale la tensione antisemita e si
verificano alcuni veri e propri pogrom, nei lunghi mesi di separazione il loro
rapporto si sfilaccia e finisce. Continueranno a scriversi fino all’8
settembre del ‘43, ma solo da buoni amici.
Intanto, gli alleati risalgono la penisola, ma il ragazzo di Rita e i genitori,
ormai riuniti a Castel Frentano in Abruzzo, esitano a varcare le linee
per mettersi in salvo.
testo:
[...] Fa di nuovo freddo. 1940, 1941, 1942, 1943, è il
quarto autunno che vede i ghiaioni del Monte Amaro coprirsi di bianco e gli
aceri accendersi di giallo in mezzo al rosso cupo della faggeta della Majella
...il colore delle gite più ardite con Rita e con l'allegra compagnia di Trieste
nella Selva di Tarnova, prima che l'intolleranza scoppiasse di nuovo. Monte
Amaro, pochi chilometri da Casoli e da Castel Frentano, ma non c'è mai potuto
andare. Quant'è amara la vita.
Adesso, si combatte sotto Vasto e anche sul versante tirrenico
dell’Appennino; mentre, poco a nord di Trieste, in quella mitica Selva dove si
poteva andare a tagliare le stanghe di ghiaccio in grotta perfino in agosto, c'è
la guerriglia senza prigionieri. I partigiani sloveni colpiscono «a tradimento»
lasciando morti e feriti. L'Esercito italiano e le Camicie nere rispondono con
«fucilazioni esemplari», incendi di villaggi, finendo i partigiani feriti col
«colpo di grazia».
Cresce l'odio, la Bestia urla. |
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Le immagini di seguito riportate riguardano Salo e Giacomo Nagler, un padre ed un figlio internati a Casoli. |
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I 50 ebrei stranieri deportati
da Trieste a Casoli nel Luglio 1940. In penultima fila, il terzo da
sinistra, con gli occhiali, Nagler Salo (fu Giacomo) il padre di
Jakob-Giacomo Nagler (chiamato Kubi) deportato a Casoli
dal campo di internamento di Ferramonti. |
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Jakob-Giacomo Nagler, fidanzato di
Rita Rosano fino al '42, da tutti a Trieste chiamato Kubi.
Indossa gli occhiali ritrovati a Castel Frentano oltre 60 anni dopo. |
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Una lettera per Salo, il papà di Kubi, inviata da Trieste
a Casoli nell’Ottobre del 1940 |
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Al centro Giacomo Nagler (Kubi) |
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Luglio 1943. Cartolina ricevuta da Kubi a Castel Frentano da
un ex-compagno di prigionia a Casoli,
Lager Sigfrido (n. 18 della lista dei nomi) poi detenuto nel Campo di Campagna (SA). |
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Novembre 1943. L'ultimo segno di vita di Kubi e dei suoi
genitori, una cartolina spedita ad un indirizzo di comodo (Maria
Rulli) per l’amico Arturo (Weintraub).
L’ha scritta Kubi, che l’ha fatta firmare al papà Salo facendogli ingenuamente
aggiungere il falso cognome “Bucci”. Sono prigionieri dei Tedeschi in un ex
campo di detenzione per soldati anglo-americani. Salo aveva cominciato a
tracciare la «N» di Nagler, ma poi ha corretto in «Salo NBucci - Chieti». |
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